Per la prima volta in Italia un tribunale ha imposto a una Asl di verificare le condizioni di un paziente per stabilire se possa accedere al suicidio assistito. A riferirlo è l’Associazione Luca Coscioni. Lo ha disposto il Tribunale Civile di Ancona dopo il reclamo di un 43enne tetraplegico, immobilizzato per un incidente stradale e in condizioni irreversibili. La prima richiesta da parte di Mario (nome di fantasia) risaliva all’agosto 2020.

Dopo il diniego dell’Asl al suicidio assistito, c’era stata l’istanza al tribunale che pur riconoscendo al paziente “i requisiti previsti dalla Corte Costituzionale nella sentenza 242/19 sul ‘Caso Cappato/Dj Fabo’” aveva ritenuto la “non sussistenza di motivi per ritenere che, individuando le ipotesi in cui l’aiuto al suicidio può oggi ritenersi lecito, la Corte abbia fondato anche il diritto del paziente, ove ricorrano tali ipotesi, ad ottenere la collaborazione dei sanitari nell’attuare la sua decisione di porre fine alla propria esistenza…”. Era seguito il reclamo.

Il Tribunale di Ancona ora “ordina all’Azienda sanitaria unica regionale Marche di provvedere, previa acquisizione del relativo parere del Comitato etico territorialmente competente, ad accertare: se il reclamante sia persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili”; “se lo stesso sia pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli; “se le modalita’, la metodica e il farmaco prescelti siano idonei a garantirgli la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile (rispetto all’alternativa del rifiuto delle cure con sedazione profonda continuativa, e ad ogni altra soluzione in concreto praticabile, compresa la somministrazione di un farmaco diverso)”. Dunque, scrive l’Ass. Coscioni, “i giudici confermano che Mario ha il diritto di pretendere che si effettuino gli accertamenti disposti dalla Consulta con sentenza 242/19, affinché l’aiuto che gli sarà fornito non sia reato ai sensi dell’articolo 580 del codice penale relativo al suicidio assistito”.

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