Migliaia di persone disperate al confine
Sul confine tra Polonia e Bielorussia si sta consumando una guerra contro i migranti
Polonia e Bielorussia si fanno la guerra e le guerre oggi non hanno nemmeno bisogno di armi, bastano i migranti. È dall’inizio dell’estate che la Bielorussia accoglie migliaia di migranti per poi spingerli verso il territorio polacco e dei paesi baltici, con il chiaro obiettivo di mettere in difficoltà quell’Unione Europea che da sempre è avversaria del regime autoritario di Alexander Lukashenko.
Già alcune settimane fa la Polonia aveva denunciato almeno 30mila tentati accessi alle frontiere con la Bielorussia. Alcune testimonianze dei migranti raccontano di viaggi organizzati e addirittura incoraggiati dalle autorità bielorusse che svolgono un vero e proprio ruolo di “scafisti” via terra: il viceministro della Lituania Kęstutis Lančinskas raccontò a Bbc News di avere saputo «che il governo bielorusso stava semplificando le procedure burocratiche per rilasciare visti “turistici” in Iraq».
Per un migrante che vuole arrivare in Europa ottenere il via libera per raggiungere il confine di un Paese europeo significa molto spesso essere a un passo dalla salvezza. Da mesi molte agenzie di viaggio in Iraq (ma anche in nazioni vicine) riescono a ottenere il visto nel giro di pochi giorni e a imbarcare i profughi sugli aerei delle molte compagnie che ha aperto una rotta su Minsk, la capitale bielorussa. Qui (ovviamente con l’aiuto dei trafficanti) l’ultimo passo è quello di superare il confine dove arrivano scortati dalle forze di sicurezza bielorusse con appositi bus e taxi. Allo stato attuale sarebbero almeno 2.000 le persone ammassate vicine al confine polacco (secondo la stima della Commissione Europea, il governo polacco parla di circa 4.000 persone) che si trovano sulla strada dalla bielorussa Bruzgi e la polacca Kuźnica. Si tratta di uomini ma anche famiglie, donne e bambini che stanno all’aperto con temperature vicine allo zero, senza acqua e senza cibo, con i due eserciti che si fronteggiano a pochi metri. L’accesso ai giornalisti è vietato e per ora anche l’ingresso delle associazioni umanitarie è resa molto difficile. Migliaia di persone sono di fronte al filo spinato dove il governo polacco ha schierato 22mila uomini per impedire che attraversino la frontiera. «Siamo pronti a qualsiasi scenario. La nostra priorità è una difesa solida del confine», ha twittato il ministro dell’Interno polacco, Mariusz Kaminski e ha nessuno viene in mente di preoccuparsi dell’incolumità dei migranti. «Né la Bielorussia né la Polonia ci stanno accogliendo», ha raccontato a Bbc News Shwan Kurd, un iracheno di 33 anni che si trova al confine: «Non ci lasciano dormire e siamo affamati, qui non ci sono né acqua né cibo. Ci sono bambini piccoli, anziani e famiglie».
Per abbattere il filo spinato vengono usati tronchi come arieti ma anche utensili che difficilmente i profughi possono essersi portati con loro. Per questo il governo Polacco accusa il governo di Alexander Lukashenko di rifornire alle persone tutto l’occorrente per superare la barriera. Il gioco dall’altra parte è semplicissimo accusando la Polonia di “disumanità” per la sua sospensione di procedura della richiesta d’asilo.
Dietro a tutto questo la Nato ha preso le difese della Polonia mentre la Russia (accusata da molti di essere la mente del progetto di pressione sui confini europei) ha preso le parti di Lukashenko. La tensione è altissima e basta pochissimo (un colpo sbagliato) per accendere un incendio che provocherebbe un’enorme crisi internazionale. Il fatto che la Polonia poi appoggi tutta la propria credibilità internazionale in un sovranismo dal pugno di ferro rende inevitabilmente tutto più difficile. La Polonia ovviamente ha tutto l’interesse a ingigantire il problema.
Matteo Villa dell’Ispi osserva in un’intervista a Adnkronos che «le autorità polacche a ottobre hanno detto che ci sono stati tra i 15mila e i 30mila tentativi di attraversare frontiera, ma hanno contato le stesse persone che più volte hanno provato a superare il confine». Secondo Villa la Polonia gioca per «ottenere lo sblocco dei fondi del suo Pnrr e, allo stesso tempo, spingere Bruxelles – su impulso tedesco – a chiudere un occhio sulla questione dello stato di diritto e distogliere l’attenzione dalle proteste interne per la legge sull’aborto». E in effetti anche questo è un ulteriore tassello di una crisi internazionale che sarebbe troppo banale vedere come un semplice affare di qualche migliaio di persone da ricollocare. L’Europa raccomanda la calma ma servirà molto di più per sbloccare la situazione.
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