In tema di libertà siamo tutti un po’ “woke”, cioè svegli e vigili contro i rischi di fare passi indietro. Ma suvvia, colleghi giornalisti, esimi politici e tastieristi social, davvero crediamo che in Italia la libertà di stampa stia per finire? Che il luogo magico dove tutti sanno tutto di tutti sia diventato un fritto misto di Turchia e Venezuela? Che il Grande Fratello minacci il grande paese pluralista che siamo, dove il problema, se mai, è bloccare la pubblicazione di intercettazioni morbose e inutili che rovinano la vita della gente? “Ma lo dice l’Europa”. Le sagge mamme di un tempo avevano una sacra massima: dei miei figli posso parlar male solo io. Per i politici italiani, evidentemente l’Italia può essere maltrattata da chiunque.

Si può dire impunemente che sbanda sull’orlo del fascismo o che vi sia dentro da un pezzo. Che sia omofoba, razzista e addirittura il diritto alla libera informazione sia sempre meno garantito. E su quali parametri oggettivi si fonda la sentenza? Lo spiega il sito di Articolo 21: “È vero, abbiamo fatto la spia sulla repressione della libertà di stampa in Italia”. Tiriamo un sospiro di sollievo. La scienza è salva. È un vizio bipartisan, sia chiaro. In altri tempi, a denunciare di continuo bavagli e intimidazioni era il partito oggi di maggioranza: “In Italia, la libertà di stampa è sotto attacco. Dobbiamo difendere questo pilastro della democrazia”, diceva la premier di lotta prima di diventare di governo.

E ora che nella stanza dei bottoni c’è arrivata, farebbe bene a evitare scivoloni tipo censurare innocui monologhi degli scrittori o sentire il suo presidente del Senato pretendere da un giornalista che fa un’inchiesta sull’estremismo che “prima si qualifichi”: buongiorno, sono qui per riprendervi mentre fate il saluto nazista, potete mettervi tutti in posa? Okay, nessuno scagli la primissima pietra.

Ma quando Giorgia Meloni ricorda che i vertici della Rai-TeleMeloni, sono quelli nominati prima di lei e in base ad una legge del governo Renzi del 2015, cosa vogliamo risponderle? Incriminarla per concorso esterno in associazione meloniana? I giornali di opposizione, nell’attesa di tornare a sostenere un governo tecnico di emergenza nazionale, sono al sicuro. Anzi, di più. Sono un bene della Repubblica, sono il nostro Domani, ed è un Fatto che quotidianamente ci informano arricchendo il dibattito e quindi la libertà di tutti. Guai a chi ce li tocca! Il Cavallo di viale Mazzini, dal canto suo, è sempre lì, nitrisce felice fissando il cielo e tutti sappiamo che, come il suo antenato di Troia, dentro non è vuoto: contiene uomini liberi e anche galoppini lottizzati. Uomini, ominicchi e quaquaraquà, suggeriva il grande Sciascia, che aggiungeva anche un amaro dato statistico: non sono i primi ad essere in maggioranza.

Tutto vero, ma questo meraviglioso articolo 21 della Costituzione sulla libertà di pensiero e di parola, non lo scomodiamo invano. Anzi, a proposito: manifestiamo tutti insieme per quel povero collega parigino licenziato solo perché ha detto che forse alcune atlete stavano tardando per rifarsi il trucco.