Eppure, sarebbe bastato leggere tra le righe per non arrivare – a mezzanotte inoltrata – a sorprendersi di una rivoluzione che più annunciata, attesa e inevitabile di così non poteva essere. Andrea Agnelli non lo ha mai nascosto, e anzi ha alzato la voce più volte – anche in veste di presidente dell’Eca – sul tema. “Il modello calcio così com’è non può sopravvivere a lungo, deve cambiare”, è da anni ormai il mantra del presidente della Juventus.

E lo ha anche ribadito di suo pugno in un articolo apparso all’inizio di quest’anno su Linkiesta: “Il calcio del futuro ha il dovere di coltivare la protezione degli investimenti, i livelli di remunerazione e la distribuzione adeguata dei proventi. Il panorama recessivo colpisce oggi principalmente i club, ma soprattutto la mutualità, la solidarietà tra i vari livelli della piramide”. Ed è proprio quello che si prospetta per la Superlega: gestione autonoma, diretta, da parte dei club, di sponsorizzazioni, diritti televisivi e regolamenti interni. E pazienza se per arrivarci ha dovuto macchinare alle spalle di qualcuno.

Oggi il presidente dell’Uefa, Aleksander Čeferin, dice di sentirsi tradito dal patron bianconero: “Non ho mai visto una persona mentire così tante volte e con così tanta insistenza. Gli ho parlato sabato pomeriggio e mi ha detto che erano solo voci, poi ha spento il telefono”.

Un doppio gioco messo in atto anche con gli omologhi di Serie A: “Io sono il chairman di comunicazione e marketing per l’ECA – disse qualche anno fa il presidente del Napoli Aurelio de Laurentiis – e posso assicurarvi che non è nelle intenzioni di Agnelli quella di fare una SuperChampions per pochi eletti”.

Per compiere il delitto perfetto e tagliare fuori l’organo incapace di soddisfare appieno le esigenze dei club era necessario studiare, aspettare, pianificare. Lo hanno fatto Agnelli e il presidente del Real Madrid, Florentino Perez, quando si sono incontrati alla Continassa, quartier generale della Juventus, lo scorso 19 gennaio. Mentre il mondo pensava a trattative di mercato o riflessioni su Cristiano Ronaldo, i due pensavano a come strutturare il nuovo torneo che avrebbe creato una frattura nel calcio europeo.

Un discorso condiviso anche con Inter e Milan, le altre due firmatarie dell’accordo, incontrate da Agnelli a settembre quando zaino in spalla entrò a Casa Milan con Steven Zhang per incontrare Ivan Gazidis. È probabile che anche presidenti degli altri club spagnoli e inglesi abbiano fatto lo stesso. Fatto sta che ora tutti i nodi vengono al pettine: i silenzi da presidente, in una stagione tutt’altro che facile per la sua Juventus, che rischia di essere tagliata fuori dalla lotta Champions, ammesso che oggi abbia ancora senso parlare di Champions, oggi, ma anche la frattura di alcuni giorni fa che ha portato alla sfiducia nei confronti del presidente di Lega Serie A, Paolo Dal Pino.

Alla fine si arriva sempre lì: il motivo? Visione non condivisa sui diritti tv. “Si affaccia definitivamente la nuova generazione Z – scriveva Agnelli – che ha valori e interessi molto diversi da chi l’ha preceduta. Il calcio del futuro deve pensare a questi giovani”. Non a caso la Superlega guarda a Disney e Amazon come possibili acquirenti del pacchetto audiovisivo: la rivoluzione on demand per guardare ai più giovani, quella elitaria per conquistare il mercato asiatico e americano. E ricavi attesi per tre volte quelli finora ipotizzati. Le bugie avranno avuto le gambe corte, ma anche le tasche piene.

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Napoletano, Giornalista praticante, nato nel ’95. Ha collaborato con Fanpage e Avvenire. Laureato in lingue, parla molto bene in inglese e molto male in tedesco. Un master in giornalismo alla Lumsa di Roma. Ex arbitro di calcio. Ossessionato dall'ordine. Appassionato in ordine sparso di politica, Lego, arte, calcio e Simpson.