Doveva essere il Consiglio dei ministri dei saluti e dei brindisi prima della pausa estiva. Con tanto di tocco di sovranismo nazionale per il via libera all’onorificenza di maestro dell’arte della cucina italiana, una medaglia al valore per il ministro dell’Agricoltura. Si è trasformato in un regolamento di conti tra chi ottiene di più e chi di meno. Tra Fratelli d’Italia e Lega. Al solito. Tutto sempre molto felpato e tra le righe, comunque.

La riunione di ieri a palazzo Chigi fotografa in controluce lo stato dei rapporti nella coalizione di maggioranza. Salvini, ad esempio, punta i piedi per rompere il tetto dei 240 mila euro dei manager pubblici “ma solo per gli ingegneri che avranno l’incarico di progettare e realizzare il Ponte sullo Stretto, in fondo un ingegnere di Webuild (la società di costruzioni che ha costruito il Ponte di Genova, ndr) guadagna come minimo 300 mila euro viste le responsabilità che deve assumere”.

Giorgia Meloni non è d’accordo eppure dovrà cedere. Del resto ha appena sottratto a Salvini (Infrastrutture e Trasporti) il dossier taxi consegnandolo a Urso (Impresa e made in Italy) che ha “risolto” l’emergenza con una sintesi che, secondo molti, non sarà una soluzione: il 20 per cento di licenze in più – destinate solo a quanti hanno già una licenza – non risolverà il problema (anche perché non c’è l’obbligo per i comuni di fare l’aumento). Sempre meglio che il nulla di Salvini che mandava avanti i tavoli con i sindacati dei tassisti senza toccare il nodo licenze (l’unico che può fare la differenza) e pur di non inimicarsi un suo tradizionale bacino di consenso. Però il titolare delle Infrastrutture ha ottenuto, per gli amici tassisti, la corsa gratis (pagata dallo Stato) per portare a casa i giovani che finiscono la serata con tasso alcolico alto. Anche il decreto giustizia, spuntato all’improvviso venerdì nel preconsiglio, rientra in questo gioco di do-ut-des per tenere “unita” la coalizione.

Ci sono dentro sanzioni più dure contro i piromani ma anche novità sulle intercettazioni. La prima, soprattutto, è una rassicurante bandierina per la Lega tutta “stellette e distintivo”. Due decreti per chiudere in bellezza la stagione del governo del fare: il primo un omnibus da 24 articoli con dentro taxi, aerei, microchip e stipendi dei manager pubblici; il secondo solo sulla giustizia.

Alla faccia delle raccomandazioni del presidente della Repubblica che ha raccomandato i criteri dell’omogeneità oltre a quelli della necessità e dell’urgenza previsti dalla nostra Carta costituzionale. La pausa estiva consegna anche un’altra certezza di questo governo: una inconfutabile tendenza alla spesa pubblica. O meglio, ad alzare i budget per il funzionamento dei ministeri. Se Mario Draghi era riuscito ad imporre una vera cura dimagrante alla spesa corrente per gli staff di ministeri, il governo Meloni è tornato ai fasti (di spesa) del Conte 1.

Così, spulciando tra le pieghe della legge di bilancio 2023 e dei verbali di svariati Consigli dei ministri alla voce “riorganizzazione dei ministeri”, è possibile ricostruire le dimensioni del fenomeno. Sembra di leggere un tazebao di annunci di lavoro di cui sappiamo i numeri ma non i nomi dei fortunati vincitori. Quella che segue non ha l’ambizione di essere una classifica di chi ha avuto di più. E neppure ha la pretesa di un resoconto matematico. Sicuramente racconta di un nuovo ufficio di collocamento attivo in Italia.

Speriamo anche abbia la funzione di ascensore sociale e premi il merito. All’inizio dell’anno è arrivato il via libera all’assunzione di 300 funzionari al ministero dell’Agricoltura, 263 posti in più (erano 37) che dovrebbero andare in forza soprattutto all’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari-Icqrf a tutela della qualità dei prodotti agroalimentari e della reputazione del made in Italy. Per far fronte alle spese di questo nuovo personale sono stati stanziati oltre 10 milioni nel 2023 e 13,5 dal 2024. A cui si aggiungono due milioni per i concorsi, 1,35 milioni per le maggiori spese di funzionamento, 675 mila euro per il 2023 e 900 mila dal 2024 per le prestazioni di lavoro straordinario.

Il ministero di Lollobrigida fa incetta di soldi anche per la contrattazione collettiva e i trattamenti acce

ssori (1,8 miliardi nell’anno) e altri 250 mila euro l’anno “per la retribuzione di posizione e la retribuzione di risultato del personale di livello dirigenziale contrattualizzato”. Tutti i ministeri diventano datori di lavoro più munifci. Spesso la scusa è il Pnrr, che però è debole nelle amministrazioni periferiche e non in quelle centrali. Più in generale si spiega che “era urgente dare nuovo ossigeno all’amministrazione dopo anni di tagli e impoverimento”. La ministra Santanchè ha potuto raddoppiare lo sta (e quindi le risorse necessarie) da 150 a 324. Pichetto Fratin (Ambiente) è passato da 110 a 140 collaboratori. Sangiuliano (Cultura) è passato da 5 a 15 collaboratori personali. I ministeri di più e meglio dei navigator.

Claudia Fusani

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