Il Prefetto responsabile della sicurezza degli Azzurri
Tagliente e il ricordo della Coppa a Berlino: “Ecco gli aneddoti di quel Mondiale del 2006”
Mi è stato chiesto di ricordare un momento particolarmente toccante dei Mondiali che ci accompagnarono a quella notte magica del 9 luglio del 2006. Sono già passati 15 anni da quel trionfo Mondiale allo stadio Olimpico di Berlino. Per ripercorrere i momenti più emozionali mi è sufficiente ripensare al mio ruolo di responsabile della sicurezza degli azzurri anche per quella avventura tedesca irripetibile, iniziata a Coverciano e conclusa al Circo Massimo. Ripensarci oggi a distanza di 15 anni ogni segmento continua ad essere unico e indimenticabile.
SOGNO AZZURRO
Marcello Lippi e gli Azzurri del 2006 hanno regalato a milioni di italiani tanti battiti di cuore. Si sa che le partite dei Mondiali tengono incollati alla tv anche chi dichiara di non essere interessato al calcio. Quasi tutti gli italiani hanno vissuto i tanti momenti toccanti. Come non ricordare “Il cielo è azzurro sopra a Berlino” Io oggi voglio ricordarne uno dei tanti momenti di altissimo valore, forse meno noto al grande pubblico. Tutti gli amanti del calcio ricordano l’Italia che, il 22 giugno del 2006, ad Amburgo vinse il girone e conquistò i tormentati ottavi di finale. Ad Amburgo gli Azzurri di Lippi riuscirono a battere la tosta Repubblica Ceca 2-0. La mattina della gara mentre Marcello Lippi preparava al grande appuntamento la squadra azzurra con gli allenamenti di rifinitura, i vertici della FIGC evidenziavano la più alta sensibilità istituzionale immaginabile.
IL RICORDO
Giancarlo Abete, Gabriele Gravina, Demetrio Albertini, Gigi Riva, Antonello Valentini, Gianni Nave e alcuni poliziotti italiani in uniforme portarono un cuscino di fiori al Cimitero Militare italiano d’Onore di Amburgo dove sono custodite le spoglie di 5.839 italiani prigionieri di guerra, internati e lavoratori civili, deceduti dall’inizio della Seconda Guerra Mondiale fino al 15 aprile 1946, traslati dai territori dello Schlewig-Holstein, Bassa Sassonia, Amburgo, Brema, Hannover e della Westfalia. Quel giorno, nel vedere affiancati i poliziotti tedeschi e quelli Italiani in divisa, mentre il Tricolore italiano veniva issato sul pennone provai una delle emozioni più forti che si possono immaginare. E fu grande e gratificante anche l’impegno per convincere le Autorità tedesche a far partecipare anche i poliziotti tedeschi in divisa alla cerimonia di alzabandiera in omaggio ai nostri soldati catturati e deportati in Germania dall’esercito tedesco.
AL CIMITERO DI GUERRA
L’evento fu reso noto agli italiani con un servizio di Donatella Scarnati mandato in onda al telegiornale delle 13.00. Il complesso cimiteriale si presenta grandioso e solenne. Al centro si erge la grande croce monumentale, alta 10 metri e formata da 5 blocchi di Muschelkalk (pietra lumachella), opera dello scultore G. Kraemer. Mi piace ricordare anche che l’area in cui sorge il Sepolcreto fu concessa in uso dal Governo tedesco in base al reciproco accordo del 22 dicembre 1955 riguardante le sepolture di guerra, mentre la costruzione, iniziata nel 1957 e ultimata nel 1959, fu curata dal Commissariato Generale Onoranze Caduti in Guerra. Per quella celebrazione, per me ancora particolarmente toccante, devo ringraziare ancora una volta l’Ufficiale di Collegamento tedesco, comandante Michael H.Muller, per il ruolo anche di facilitatore svolto. A margine della cerimonia ebbi modo di ricordare che dopo l’armistizio siglato dall’Italia con gli anglo-americani, annunciato dal maresciallo Badoglio l’8 settembre 1943, oltre 650.000 militari italiani, dislocati in Italia o nelle zone d’occupazione, furono fatti prigionieri dai tedeschi ed internati in campi di concentramento. Tra quei deportati c’era anche mio padre Donato Tagliente.
NON DIMENTICARE
E’ una pagina da non dimenticare, anche per i gesti eroici dei nostri soldati a lungo purtroppo trascurati benché fosse noto a tutti che dopo la proclamazione dell’Armistizio, soldati e ufficiali vennero posti davanti alla scelta di continuare a combattere nelle file dell’esercito tedesco o, in caso contrario, essere inviati in campi di detenzione in Germania. Solo il 10 per cento accettò l’arruolamento. Gli altri vennero considerati prigionieri di guerra. In seguito cambiarono status divenendo “internati militari italiani” per non riconoscere loro le garanzie delle Convenzioni di Ginevra, e infine, dall’autunno del 1944 alla fine della guerra, lavoratori civili, in modo da essere utilizzati come manodopera coatta senza godere delle tutele della Croce Rossa spettanti invece per i Kriegsgefangenen, appunto i prigionieri di guerra. Uno sfruttamento come forza lavoro in condizioni disumane, con turni massacranti e un regime alimentare decisamente insufficiente. I prigionieri furono largamente utilizzati nell’industria bellica, bersagliata di continuo dai bombardieri alleati. Molti furono vittime delle incursioni aeree inglesi o americane, ma la maggior parte dei decessi fu causata dalle malattie o dalla scarsa e cattiva alimentazione che portò molti giovani al deperimento organico, fino alla loro morte. Furono migliaia i soldati italiani che persero la vita nei lager tedeschi. I deceduti vennero sepolti nei cimiteri all’interno, o nei pressi dei lager, ma molti furono inumati anche nei cimiteri comunali, in reparti separati dalle altre sepolture, nelle località dov’erano impiegati presso i comandi di lavoro esterni. Altri ancora finirono in fosse comuni, o in sepolture che ne resero impossibile l’identificazione.
CON LA FIGC
Per rendere omaggio ai militari catturati e deportati e detenuti nei lager fino alla fine della guerra, a contribuire a tenere viva la memoria del tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese, con una rappresentanza della FIGC, impegnata a promuovere i valori dei simboli della Repubblica, ci recammo al Cimitero militare italiano d’onore per rendere omaggio ai nostri connazionali. Un episodio molto toccante per me. Lo sport e i valori fondanti del nostro ordinamento costituzionale sono stati i fili conduttori del mio percorso professionale e della mia vita. E non solo della mia vita perché questo evento è il frutto della sensibilità e della vocazione istituzionale e sociale di Giancarlo Abete, Gabriele Gravina Gigi Riva, Demetrio Albertini, Gianni Nave presenti alla cerimonia e tanti altri della “Squadra” non potuti intervenire.
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