Era ai domiciliari da due mesi
Tallini libero, Gratteri come al solito ha sbagliato tutto…
Fuori un altro. Un’altra botta per il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri. Anche Mimmo Tallini, ex presidente del consiglio regionale della Calabria, in custodia cautelare al proprio domicilio dal 19 novembre, è stato rimesso in libertà dal tribunale del riesame. Era accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio, sulla base di indizi veramente inesistenti. Neanche uno straccio di pentito né qualche paginetta di intercettazioni lo chiamavano concretamente in causa. Tanto che il giudice per le indagini preliminari, che si era esercitato con un’ordinanza di custodia cautelare per ben 257 pagine, per giustificare il nulla di prove o indizi, era ricorso alla propria vena poetica, definendo l’esponente politico “ombra dietro le ombre”.
Cioè uno la cui voce non viene mai registrata al telefono mentre parla con un mafioso e che, benché sospettato e pedinato, non aveva i propri apparecchi sotto controllo. Viene descritto come furbo, inoltre, tanto che non saliva mai sulle auto degli amici, ma insisteva per usare e guidare solo la propria. L’accusa principale –un classico che riguarda gli esponenti politici – è quella di voto di scambio, che gli avvocati Vincenzo Ioppoli, Valerio Zimatore e Carlo Petitto hanno demolito con grande facilità. Infatti alle ultime elezioni regionali del 2014 Mimmo Tallini nella zona del crotonese dove, secondo l’accusa del procuratore Gratteri, la famiglia Grande Aracri aveva fatto per lui il pieno dei voti, lui ne aveva portati a casa un po’ pochini, in tutto 750 sui complessivi 11.000. E così anche l’altro sospetto, quello che riguardava la nomina di un dirigente al posto di un’altra, si è sciolto come neve al sole, semplicemente perché il provvedimento non era neanche stato firmato da lui. La vicenda riguardava la creazione di un consorzio farmaceutico destinato a distribuire sia prodotti da banco sul territorio che farmaci per la cura di patologie oncologiche all’estero.
L’idea era venuta a un’ex senatrice, in vacanza in Calabria con il marito e un collaboratore. I tre ne avevano parlato con il loro padrone di casa, un antennista di Sky di nome Domenico Scozzafava, che si era detto interessato e aveva loro garantito anche un appoggio in Regione per snellire la pratica burocratica. Era stata costituita una società, anche con la partecipazione di un commercialista romano, e l’operazione commerciale era partita. Solo che l’antennista a quanto pare teneva un po’ il piede in due scarpe, ed era in contatto anche con Salvatore Grande Aracri, membro di una famiglia della zona, con il quale vantava la sua conoscenza con Tallini.
Il quale in effetti si darà da fare, tanto che nel Consorzio entrerà anche il figlio. Il progetto dopo poco però fallirà miseramente, anche se la parte burocratica era stata facilmente superata. E qui entra in gioco un’altra delle accuse che riguardano l’ex presidente del consiglio regionale. Infatti in corso d’opera c’era stata la sostituzione della dottoressa Rosa Maria Rizzo, dirigente del settore “Area Lea” dell’Unità farmacie della Regione Calabria. Al suo posto era subentrato nella veste di responsabile il dottor Giacomino Brancati. Il quale, e non a caso, in questa inchiesta non è nemmeno indagato, benché sia stato lui a dare corso alla pratica per la nascita e dell’attività del Consorzio. Che evidentemente era regolare. Ma che cosa sospettano gli uomini di Gratteri? Che il cambio del dirigente sia avvenuto per volontà di Tallini (che era assessore al personale) in quanto la dottoressa Rizzo avrebbe avanzato qualche sospetto e tentato di bloccare la pratica. Non è così, hanno obiettato i difensori di Tallini. E il tribunale della libertà ha dato loro ragione. Infatti quella nomina fu fatta da altri, come risulta dal decreto esibito ai giudici.
Crollati i due pilastri dell’accusa mossa dal dottor Gratteri, Mimmo Tallini è tornato libero. Ha anche deciso di non ricandidarsi alle prossime regionali che si terranno in Calabria nei prossimi mesi, in seguito alla morte della presidente Jole Santelli. E questa è una prima conseguenza di un’incriminazione già evaporata per la quale l’ex presidente del consiglio ed ex assessore ha anche scontato quasi due mesi di custodia cautelare, pur se al domicilio. Ma l’altra conseguenza, altrettanto grave sul piano generale, è che il procuratore Gratteri ha sbagliato il bersaglio per l’ennesima volta. Il che è gravissimo, per la Calabria e per l’amministrazione della giustizia.
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