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Urge cambiare
Tanti soldi ma zero crescita, così l’Italia spende male il Pnnr: burocrazia, ritardi e obiettivi sbagliati frenano crescita
Ad oggi l’Italia ha speso 67 miliardi del programma europeo con un impatto sul Pil minimo
Nel 2024 l’Italia crescerà dello 0,5 per cento, la metà di quanto previsto dal Governo di Giorgia Meloni. Il prossimo anno, poi, il prodotto interno lordo avrà un incremento dello 0,8 per cento: 0,4 per cento in meno rispetto alle previsioni dell’Esecutivo. Ci pensa l’Istat a riportare il Governo con i piedi per terra, nonostante lo storytelling di Palazzo Chigi parli di una Italia che tiene nonostante le tempeste internazionali e i mille problemi.
La realtà è diversa: lo sanno bene gli italiani che hanno visto il loro potere di acquisto continuare a scendere negli ultimi due anni. Le indicazioni dell’istituto nazionale di statistica creano un problema anche per la manovra che è in corso di approvazione in Parlamento. Se le previsioni di crescita non saranno rispettate, è evidente che nel corso del 2025 ci troveremo un rapporto deficit pil molto più alto rispetto a quello prospettato nella legge di bilancio e indicato all’Unione Europea.
Bisogna sperare in una rapida ripresa dell’economia che consenta di evitare un intervento correttivo sui conti o, magari, in un incremento delle entrate fiscali. La prima ipotesi è poco probabile: i prossimi dodici mesi sono ricchi di imprevisti a partire dall’insediamento del nuovo Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che si porta dietro l’introduzione di dazi per arrivare alle crisi di Francia e Germania, principali partner commerciali dell’Italia.
Il pantano
Per superare il pantano dell’economia, il ministro Giancarlo Giorgetti, numero uno del dicastero alle Finanze invoca un piano industriale europeo. In parole povere: più soldi che arrivano alle aziende, più debito in carico a Bruxelles. Eppure se c’è una cosa che non è mancata quest’anno al nostro Paese sono i soldi. Mentre la gestione ordinaria è bloccata dai vincoli di bilancio, quella degli investimenti ha potuto usufruire delle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il Pnrr. Come mai, dunque, nonostante queste risorse la crescita italiana è ancora legata agli zero virgola? Perché il Paese non riesce ad agganciare la ripresa?
Il piano europeo
Il Pnrr è uno dei piani di investimento più ambiziosi che l’Ue ha varato in risposta alla fase di depressione economica dovuta al Covid. Per l’Italia sul piatto ci sono 194 miliardi di euro, di cui 70 a fondo perduto e la restante parte in prestiti a tassi agevolati. Ad oggi, l’Italia ha speso 67 miliardi di euro. Qual è l’impatto di questi soldi sulla crescita del Pil? A stimarla, è stato il Governo stesso. Secondo quanto riportato dal Documento di Economia e Finanzia approvato a dicembre 2023, l’impatto del Pnrr sarebbe dovuto essere dello 0,9 per cento nel 2024. Già questi primi numeri dovrebbero far capire il problema enorme dell’Italia. Al di là delle previsioni più o meno ottimistiche (non dimentichiamo che comunque l’Unione Europea le ha approvate), l’impatto del piano quanto è stato nella realtà? Secondo molti esperti, esso ancora non produce effetti perché li dovrebbe generare a medio e lungo termine.
A questa ipotesi, però, si potrebbero obiettare due cose. Anzitutto, la spesa sta avvenendo nel corso del 2024 quindi un impatto sulla creazione di ricchezza dovrebbe esserci almeno nella misura dei soldi investiti. Inoltre, se gli effetti bisogna attenderli nel medio e lungo termine, perché prevedere l’impatto dello 0,9 per cento nel corso del 2024? Altri esperti, in maniera più realistica, evidenziano che senza il Pnrr l’Italia sarebbe in recessione. Il motivo per cui l’Italia non cresce, nonostante questa pioggia di soldi e di debiti rinviati al 2032 è semplice: le riforme non sbloccano il Paese. Non solo. Il sistema amministrativo italiano, sia quello centrale che quello periferico, ha enormi difficoltà a spendere. Basti pensare alle risorse destinate al Sud che puntualmente tornano indietro. È un problema di formazione del personale, e di capacità di adempiere alle indicazioni europee.
C’è infine una questione che sia il Governo che le amministrazioni locali dovrebbero porsi: forse stiamo sbagliando a investire queste risorse? I progetti che si stanno finanziando avranno un impatto positivo per l’economia del Paese? Non sarebbe il caso di rimodulare seriamente con l’Europa gli interventi per aiutare l’Italia a liberarsi delle catene. Uno dei principali freni del Paese è proprio la burocrazia. Pensare che sia quest’ultima a salvarlo è pura utopia. Se c’è una cosa che in Italia sembra intoccabile è il potere che si annida negli uffici pubblici quelli che stanno sbagliando sul Pnrr.
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