Altro che abolizione della polizia morale. Nessuna apertura alla rivolta che da tre mesi sta infiammando l’Iran. Il regime teocratico, conosce un solo linguaggio, quello della forza, e una sola linea di condotta, quella della repressione più brutale. “I rivoltosi, condannati a morte per ‘Muharebeh’ o ‘Fesad fel arz’ (‘Guerra contro Dio e Corruzione sulla Terra’, due capi d’accusa della legge islamica iraniana) saranno impiccati presto”: lo ha detto il capo della magistratura iraniana Gholamhossein Ejei, secondo quanto riporta l’Irna, riferendosi a un gruppo di persone arrestate durante proteste dopo la morte di Mahsa Amini.
“Sono state emesse anche alcune altre sentenze di reclusione a lungo termine”, ha aggiunto avvertendo che coloro che provocano la rivolta popolare o incoraggiano altri a scioperare, saranno presto convocati. Secondo i dati dell’agenzia degli attivisti dei diritti umani iraniani Hrana, da quando sono iniziate le manifestazioni, negli scontri hanno perso la vita almeno 471 persone, tra cui 64 minori e 61 membri delle forze di sicurezza, mentre gli arrestati sono oltre 18mila. Non solo. L’ong Iran Human Rights, (Ihr) con sede in Norvegia, denuncia che regime iraniano avrebbe giustiziato più di 500 persone dall’inizio del 2022 a oggi, molte più che nell’intero 2021. L’aumento delle esecuzioni è attribuibile alle massicce proteste popolari che hanno incendiato il Paese da settembre scorso.
Nel conteggio dell’Ihr sono incluse le quattro persone che sono state messe a morte domenica scorsa con l’accusa di lavorare per lo spionaggio israeliano, e che sarebbero state giustiziate nella prigione di Karaj, il famigerato carcere di Gohardasht nei pressi di Teheran, sette mesi dopo l’arresto. “Il prezzo da pagare per chi non porterà il velo nel nostro paese si alzerà”, avverte Hossein Jalali membro della commissione cultura del parlamento in riferimento alla discussione sul velo. Il corpo paramilitare dei “basij, la polizia e le forze di sicurezza non esiteranno a fronteggiare duramente i rivoltosi, i criminali armati e i terroristi che sono stati assoldati dai nemici”. Lo si legge in una dichiarazione delle Guardie della rivoluzione iraniana. “Dopo la sconfitta della nuova sedizione, creata dai nemici, il sistema sacro della Repubblica islamica continuerà con forza a realizzare la sua causa e sconfiggerà il fronte unito dei nemici”.
Ma la protesta non si spegne. Negozi e mercati in varie città dell’Iran sono rimasti oggi chiusi, aderendo ad uno sciopero di tre giorni indetto da attivisti nell’ambito delle proteste anti governative in corso da settembre. L’iniziativa è stata attuata nella capitale Teheran ma anche a Sanandaj, Isfahan, Bushehr, Shiraz, Kerman, Ardebil, Mahabad, Orumiyeh, Kermanshah e altre città. Gli scioperi hanno coinvolto anche autotrasportatori e alcuni lavoratori degli impianti petrolchimici di Mahshahr e delle acciaierie di Isfahan. Dimostrazioni e boicottaggio delle lezioni si sono visti anche in vari atenei iraniani, a due giorni dal 7 dicembre, quando in Iran si festeggia ‘il giorno dello studente’ e il presidente Ebrahim Raisi ha in programma di tenere un discorso in una delle università del Paese.