La regione contesa
Terre rare e nuove rotte, la regione dell’Artico al centro della disputa geostrategica tra Stati Uniti, Russia e Cina
La variazione delle rotte commerciali internazionali influirà sulle dinamiche di potenza
Il primo esploratore dell’Artide è stato Willem Barents, il quale raggiunse la zona del Mare di Kara nel 1594. A distanza di secoli quella che era una regione assai inaccessibile a causa della presenza di ghiaccio e temperature disagevoli sta divenendo sempre più accessibile per via del riscaldamento globale. Ed è proprio qui che Russia e Stati Uniti si incrociano a livello geoeconomico e geostrategico in virtù della loro posizione ravvicinata. Aggiungendo il Canada, l’Islanda e gli Stati della Penisola scandinava otteniamo gli otto membri del Consiglio Artico; un forum dove gli Stati artici si riuniscono per discutere i principali problemi dell’area. La sua importanza internazionale, dapprima marginale, è cresciuta in parallelo alla nuova rilevanza strategica dell’Artide.
Questa grande attenzione si motiva con la presenza di risorse naturali, il 40% delle quali è tuttora inesplorato, e dal relativo controllo marittimo di un’area che non ha dignità di continente; e che segue dunque le regole di diritto internazionale legate al mare. In questa abbondanza di risorse si trovano anche alcuni giacimenti di terre rare; sui quali la sfida tra Stati Uniti e Cina si sta già facendo sentire. Nel caso della Groenlandia, ricca sia di terre rare che di uranio, abbiamo assistito ad una certa pressione cinese “a sostegno” degli Inuit, i quali hanno tentato di ottenere l’indipendenza tramite il controllo strategico delle risorse già menzionate. Circa due anni addietro gli Stati Uniti sono però riusciti a scalzare Pechino dalla Groenlandia, portando anche miliardari del calibro di Gates e Bezos ad investire nei giacimenti locali. Una vicenda iniziata in modo roboante, con la proposta di Trump di acquistare la Groenlandia, è culminata in una vittoria strategica per gli USA; ma le difficoltà sono ancora molte.
Gli interessi di Russia e Cina
In primo luogo, tornando al Consiglio Artico, i sette paesi membri hanno interrotto la collaborazione con la Russia a causa della guerra in Ucraina; ciò ha causato un avvicinamento tra Mosca e Pechino anche su questo fronte, e nulla esclude che possa sorgere un nuovo organo rispondente a questo blocco. Né la Cina né la Russia intendono rinunciare alla sfida artica. Per la prima si tratta di una questione navale, giacché l’utilizzo del Passaggio a Nord-Ovest comporterebbe la marginalizzazione dello Stretto di Malacca, dove passano le attuali rotte commerciali cinesi, considerato troppo limitato nelle dimensioni e vicino a potenziali nemici. Per la seconda, di converso, sussiste una commistione di elementi economici e mistico-ideologici. Trattandosi di un paese sconfinato, con una demografia contenuta ed un PIL non dinamico, unitamente allo scarso accesso ai mari caldi, si comprendono facilmente le difficoltà cui Mosca si trova costretta a far fronte.
L’attivismo russo nell’Artico assume così un ruolo di rilancio, puntando su ampie rivendicazioni e sul controllo di settori cruciali come la Dorsale di Lomonosov. Dunque quali scenari ipotizzare? Per essere potenza artica occorre possedere elevate capacità di logistica aerea nonché un certo numero di navi rompighiaccio. Se gli USA ne contano attualmente due, la Russia arriva a quaranta dotate di propulsione nucleare. Oltre a questo è da notare l’esercitazione russa nella Penisola del Tajmyr, effettuata in parallelo con l’offensiva di Kherson, con cinquantamila uomini coinvolti. Esercitazione alla quale l’OTAN ha risposto con una manovra equipollente nel Mare di Barents. Possiamo quindi desumere la necessità di costruire un equilibrio di potenza che possa garantire la stabilità tra i contendenti.
L’Italia, che risulta osservatore permanente nel Consiglio grazie ai suoi sforzi di ricerca e al mantenimento di una stazione nelle Svalbard, può fare molto per spingere l’Europa ad occuparsi del tema; evitando di rimanere indietro in questo teatro. In definitiva ci sarà una variazione delle rotte commerciali internazionali che influirà sulle future dinamiche di potenza. Chi riuscirà a trarne maggior vantaggio?
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