Luigi Di Maio si dimette da capo politico del M5s. Le voci si sono fatte sempre più insistenti nella serata di ieri, moltiplicando i rumors già in circolazione da giorni. A prendere il timone dovrebbe essere Vito Crimi. Sono soprattutto voci parlamentari che comunque non fanno riferimento a tempi certi. Oggi il leader sarà impegnato a presentare a Roma i nuovi facilitatori regionali del Movimento e, secondo alcune ricostruzioni, potrebbe essere il momento per un chiarimento circa il suo futuro.

Tra le ipotesi che circolano in Transatlantico c’è anche quella che Di Maio possa decidere di arrivare agli Stati generali di marzo come “dimissionario” mantenendo fino all’assise M5s il suo ruolo di reggente. Tutte ipotesi che non hanno conferme presso il suo staff, ma che Gianluigi Paragone sottoscrive: «Si dimette prima delle Regionali», confida al Riformista. «Lui non voleva neanche presentare le liste. La Calabria è spaccata, l’Emilia sarà in grossa difficoltà. E rischia di perdere le suppletive in Campania, dove ha candidato un suo amico».

Dunque Di Maio fa il passo indietro. «E a quel punto al suo posto andranno Crimi e Taverna, fino agli Stati Generali», predice. Tuoni e fulmini che si addensano su una giornata già nera per i Cinque Stelle, con Virginia Raggi che va in minoranza in Campidoglio, affondata dai suoi stessi consiglieri sulla discarica. I pentastellati tradiscono l’ansia delle ultime cartucce da sparare. Giocano il tutto per tutto. E si aggrappano alla Riforma Bonafede, drappo di guerra dei Cinque Stelle: il banco di prova elettorale di domenica è dietro l’angolo, devono premere sull’acceleratore. Entro tre giorni, risuona nelle segrete stanze di Palazzo Chigi, la prescrizione deve scomparire dalle mappe del diritto. Ma ieri Palazzo Chigi non ha licenziato alcun testo, stanti le distanze sul disegno di legge delega che riforma il processo penale. Non si è trovato l’accordo sul cosiddetto lodo Conte che prevedeva la permanenza della riforma Bonafede (e quindi lo stop della prescrizione dopo la sentenza di primo grado) per chi è condannato, con il corso della prescrizione che riprenderebbe invece quando si è prosciolti.

In caso di ricorso contro l’assoluzione, la prescrizione sarebbe sospesa per un tempo non superiore a due anni. Il Movimento, in una giornata che ha visto altri due abbandoni dal gruppo alla Camera, dove hanno sbattuto la porta i deputati Michele Nitti e Nadia Aprile, ha dovuto rispettare lo stop imposto da Italia Viva che, viste le carte, ha mantenuto fermo il suo no. È la deputata di Italia viva, Lucia Annibali, alla fine della riunione, ad impallinare il negoziato: «Il lodo Conte, così com’è, apre a profili di incostituzionalità. Ora, però, vediamo se c’è la possibilità, come emerso dal vertice, di ulteriori modifiche. Valuteremo». Rincara Davide Faraone, che per Italia Viva si occupa di Giustizia: «È una riforma ispirata dal puro populismo giudiziario che penalizza le vittime».

I renziani non condividono l’idea di creare una distinzione tra chi è assolto e chi è condannato in primo grado: «Si aprono profili di incostituzionalità, il nostro ordinamento prevede che si è innocenti fino al terzo grado di giudizio», viene spiegato. Ok nel merito alla proposta di mediazione arrivata da Conte invece dal Pd. I Dem, però, chiedono di far entrare subito in vigore la nuova disciplina e non aspettare il ddl delega che riforma il processo penale che ha bisogno di 12-18 mesi per essere convertito in legge.

«Avere più prescrizioni in piedi non ci sembra giusto, anche dal punto di vista della correttezza giuridica – viene spiegato – C’è il milleproroghe all’esame della Camera, il Governo potrebbe presentare un emendamento a quello». A via Arenula, il Ministero incassa intanto la protesta degli avvocati. L’Unione delle Camere Penali batte i pugni sul tavolo e chiede l’accesso agli atti per conoscere i dati di cui si parla, in merito alle fattispecie per le quali è maggiormente intervenuta la Prescrizione. Non si capisce, in assenza di lumi, su quali numeri il ministro della Giustizia fondi le sue valutazioni.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.