Il giudice per le indagini preliminari di Perugia scrive di un “chiaro quadro di accordo corruttivo e di vendita della funzione”. È quello che emergerebbe dall’indagine che ha portato all’arresto in carcere del gip di Latina Giorgia Castriota, inchiesta che ha coinvolto anche due collaboratori nell’ambito di procedure di amministrazione giudiziaria, Silvano Ferraro, anche lui finito in cella, e Stefania Vitto, ai domiciliari.

A eseguire le misure cautelari, disposte nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Perugia, è stata questa mattina, 20 aprile, la Guardia di finanza del capoluogo umbro. Le accuse sono a vario titolo di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, corruzione in atti giudiziari e induzione indebita a dare o promettere utilità.

Indagine nata dalla denuncia sporta dal rappresentante legale pro tempore di alcune società, tutte riconducibili allo stesso gruppo operante nel settore della logistica, sotto sequestro per reati tributari nell’ambito di un’inchiesta portata avanti proprio dalla Procura di Latina.

L’imprenditore ha evidenziato, nella sua denuncia, “condotte non trasparenti e irregolarità nella gestione dei compendi aziendali” sequestrati da parte dei consulenti con l’avanzo del gip. L’attività di indagine, portata avanti anche con intercettazioni, ha permesso di ricostruire rapporti amicali molto stretti tra il giudice e i due consulenti, un rapporto che, sottolinea la Procura di Perugia, “dovrebbe impedire, per legge di accettare o conferire incarichi di amministratore giudiziario e coadiutore, nel caso in cui il rapporto amicale con il magistrato è caratterizzato da assidua frequentazione“.

Stando alle indagini dei magistrati umbri, in cambio di incarichi, affidati anche al di fuori di criteri oggettivi, si intravede un “chiaro quadro di accordo corruttivo e di vendita della funzione“, scrive il gip nell’ordinanza di arresto di Giorgia Castriota, nel quale i consulenti avrebbero diviso con il giudice le cifre liquidate, spesso sotto forma di contributo mensile e regali.

Si parla in particolare di denaro, percepito “sistematicamente” come parti dei compensi in denaro liquidati dallo stesso gip nell’ambito dell’amministrazione giudiziaria o corrisposto, a titolo di compenso, dalle società sequestrate, ma anche “gioielli, orologi, viaggi e un abbonamento annuale per assistere in tribuna d’onore dello stadio Olimpico alle partite di una squadra calcio” che la giudice per le indagini preliminari di Latina avrebbe percepito dai professionisti nominati da lei e inseriti nell’amministrazione giudiziaria.

Una vicenda delicata e, come tiene a precisare il procuratore di Perugia Raffaele Cantone, nei confronti degli arrestati “sussistono solo gravi indizi di colpevolezza, e non certo prove di responsabilità. Pertanto gli indagati potranno fornire tutti gli elementi a loro difesa”.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia