Terremoto dell’Irpinia quarant’anni dopo: Ricciardi, Picone, Fiorentino e un’altra prospettiva

Un accurato lavoro di ricerca sulle fonti d’archivio, ma anche sull’immaginario legato al terremoto e alla sua devastazione. Come ogni anno, l’Irpinia torna a ricordare.
Lo fa anche attraverso la pubblicazione di volumi di saggistica dedicati al tema o ispirati dal tema. «Il terremoto dell’Irpinia» (Donzelli Editore), scritto da Toni Ricciardi, Generoso Picone e Luigi Fiorentino, è senz’altro uno dei maggiori contributi in questo senso. Racconta questa storia attraverso un accurato lavoro di ricerca sulle fonti d’archivio, ma anche sulla memoria orale e sull’immaginario legato a quell’evento.
La provincia di Avellino, dunque, si avvia a celebrare il quarantesimo anniversario del terremoto che sconvolse la vita e il futuro di questa zona del Meridione, che dopo quella data ha vissuto una nuova, imponente ondata migratoria. Molti comuni hanno dovuto costruire da zero il proprio volto, addirittura ricostruendo in altri luoghi, e tutti hanno dovuto fare i conti con il fenomeno contro cui, spesso con troppe parole e pochi fatti, si lotta al giorno d’oggi: lo spopolamento.
Tremila morti, novemila feriti e oltre trecentomila senzatetto fanno del sisma dell’Irpinia l’evento più catastrofico della storia repubblicana: era il 23 novembre del 1980, alle 19:36, quando la terra cominciò a tremare, provocando in soli novanta secondi una devastazione senza precedenti.
Ricciardi – storico delle migrazioni presso l’Università di Ginevra e componente del Comitato Scientifico del Rapporto Italiani nel Mondo per la Fondazione Migrantes -, Picone – già responsabile delle redazioni nazionali di politica e cultura e della redazione di Avellino de «Il Mattino» di Napoli – e Fiorentino – capo di gabinetto del ministro dell’Istruzione, docente di Sociologia dell’organizzazione presso La Sapienza di Roma e presidente del Centro di Ricerca «Guido Dorso» – fissano sul tema alcuni punti fermi.
Il terremoto dell’Irpinia segnò un momento di svolta sia in tema di gestione delle emergenze territoriali sia nel perfezionamento delle norme in materia di ricostruzione dei territori altamente sismici. Ciò nonostante, il racconto del sisma pare essere consegnato soltanto al canone giornalistico e, in particolare, alla declinazione dell’inchiesta giudiziaria famosa come «Irpiniagate». Un’inchiesta che ha, sì, investigato su sprechi, tangenti e malaffare, ma che è stata anche l’occasione per strumentalizzazioni politiche che, rivitalizzando l’antico pregiudizio antimeridionale, hanno dato l’impulso decisivo alla nascita e allo sviluppo di movimenti come la Lega nord e alla costruzione di una narrazione che ha visto nei decenni il riproporsi della questione meridionale.
Improvvisamente, il Mezzogiorno aveva drenato un eccesso di risorse, tanto da mettere a repentaglio la prosperità di altre parti del paese. Questa dicotomia si è talmente accresciuta da fare ritenere la ricostruzione in Irpinia come uno degli sprechi più ingenti del secondo dopoguerra.
Gli autori affrontano la lettura del terremoto con una chiave interpretativa inedita, che inquadra il sisma all’interno della storia più generale del nostro paese. Il filo narrativo si concentra sui due elementi principali che caratterizzano questi luoghi: i terremoti e l’emigrazione. Le tremila vittime e gli oltre trecentomila sfollati furono l’inevitabile conseguenza dei tragici eventi del 23 novembre o si sarebbero potuti scongiurare?