La sinistra giudiziaria punta al “cappotto” in Cassazione. Dopo il procuratore generale Giovanni Salvi, è ora il turno del primo presidente. In pole position per sostituire Giovanni Mammone, in pensione per raggiunti limiti di età dalla prossima settimana, c’è Pietro Curzio, attuale presidente della Sesta sezione civile a piazza Cavour, storico esponente di Magistratura democratica e grande esperto di diritto del lavoro. È lui che ha firmato il provvedimento con cui è stato rigettato il ricorso dell’ex presidente dell’Anm Luca Palamara contro la sospensione dalle funzioni e dallo stipendio disposta l’anno scorso dalla Sezione disciplinare del Csm. Il voto è previsto per oggi in Commissione per gli incarichi direttivi di Palazzo dei Marescialli.

Grande escluso è Francesco Tirelli, presidente della prima sezione civile e, soprattutto, segretario generale della Cassazione, di fatto il responsabile delle macchina organizzativa del Palazzaccio. Tirelli, simpatizzante di Magistratura indipendente, la corrente di destra della toghe travolta dall’affaire Palamara, era stato già bocciato lo scorso maggio per l’incarico di presidente del Tribunale Superiore delle acque pubbliche. Il Csm gli aveva preferito il presidente della Sezione lavoro della Cassazione Giuseppe Napoletano. Il magistrato, confidandosi con alcuni colleghi pare abbia fatto sapere che in caso di nuova bocciatura è pronto a presentare domanda di dimissione dall’incarico di segretario generale. I numeri sulla carta per Curzio ci sarebbero. Oltre a quelli della sua corrente, cinque, potrebbero votarlo i davighiani e i centristi di Unicost, la corrente di Palamara.

Va detto, però, che ultimamente ogni votazione è autonoma senza alleanze predefinite. L’iniziale asse fra la sinistra giudiziaria e Davigo sembra essersi incrinato. Casus belli, la nomina di Raffaele Cantone a procuratore di Perugia, preferito a Luca Masini, procuratore aggiunto di Salerno e fortemente voluto da Davigo. Pur avendo svolto tutta la carriera come pm, il Csm aveva votato l’ex zar dell’Anticorruzione pur avendo ricoperto l’incarico di pm l’ultima volta nel 2007. Grande incertezza è il voto dei togati di Autonomia&indipendenza Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo, poco sensibili agli ordini di scuderia. Dopo il cambio di maggioranza dovuto alle dimissioni dei cinque consiglieri coinvolti negli incontri con i parlamentari Cosimo Ferri e Luca Lotti, la sinistra giudiziaria è ora egemone.

Sono di Magistratura democratica sia il presidente dell’Anm, Luca Poniz che il consigliere giuridico del Quirinale, Stefano Erbani. E anche Raffaele Cantone ha un passato da toga progressista.  L’unico ostacolo per Curzio potrebbe essere rappresentato da Margherita Cassano, presidente della Corte d’Appello di Firenze, già collaboratrice di Pierluigi Vigna. Cassano è stata anche consigliere del Csm ed è iscritta a Magistratura indipendente. Sarebbe la prima donna a ricoprire l’incarico di primo presidente della Cassazione, ruolo sempre appannaggio degli uomini nonostante le donne magistrate siano oltre il 53%. In caso Curzio riuscisse nell’impresa, la sinistra giudiziaria al Csm potrebbe contare su ben sette voti. Fondamentali per le prossime nomine.