Un piccolo villaggio, un luogo di legami e di ‘abitare solidale’ dove figli adulti portatori di disabilità possano iniziare a sperimentare una propria vita in autonomia pur rimanendo in un contesto familiare e inseriti dentro un sistema di relazioni con il quartiere e il territorio di riferimento. È questo il senso del lavoro di SON, l’associazione Speranza Oltre Noi, che ha avviato a Milano il primo progetto edilizio di nuova costruzione realizzato in città ispirato alla legge 112/2016 ovvero al cosiddetto “dopo di noi”.

L’iniziativa è partita da alcune famiglie accomunate dalla presenza, nel proprio nucleo, di figli adulti con disabilità e per i quali si poneva la questione di chi si sarebbe occupato di loro quando i genitori non ci sarebbero più stati. La mia esperienza ventennale alla guida della Fondazione Casa della Carità, l’ente voluto dal cardinal Martini per ospitare e prendersi cura di persone in difficoltà, è stata fondamentale per maturare l’idea di questo nuovo progetto. L’associazione SON nasce, infatti, dall’esigenza di alcune famiglie gravitanti nell’orbita della Casa della Carità in quanto volontari o sostenitori della Fondazione. È quindi un germoglio delle relazioni e dei legami vissuti in quello spazio di accoglienza e solidarietà. Sono proprio i legami e le relazioni il cuore del nostro progetto.

Per noi l’idea è che il dopo di noi sia realizzato già durante noi. Alle famiglie non offriamo solo dei servizi, ma dei legami affettivi, delle relazioni di amicizia. La filosofia di SON è operare con il territorio valorizzando anzitutto l’ascolto e moltiplicando la rete comunitaria. SON non è nata per dare una soluzione abitativa in senso classico, non è un luogo dove contenere il disagio o da etichettare con lo stigma della disabilità. Siamo ben oltre la logica dell’istituzione chiusa e separata. Vogliamo rimettere in moto la comunità facendo esplodere un investimento forte sulla fragilità e la debolezza, da considerare come risorse e opportunità e non problemi che riguardano il singolo. È tutta una rete locale, che comprende anche le istituzioni, a farsi carico dell’impegno di non confinare questi spazi di vita, che vanno invece abitati e frequentati in una logica di scambio. È la solitudine il male principale di cui soffrono le famiglie ed è per questo che in SON la conoscenza e l’ascolto sono determinanti. Per noi la parola chiave è prossimità.

In questo nostro contesto abitativo, diventato operativo dal gennaio di quest’anno, sono state realizzate tre coppie di appartamenti per ospitare altrettanti nuclei famigliari destinati ai genitori e ai rispettivi figli, dove quest’ultimi possono iniziare a sperimentare una propria forma di autonomia. Nel villaggio solidale di SON sono previsti ulteriori spazi per l’ospitalità di breve durata rivolta a famiglie con figli disabili, un alloggio per l’accoglienza di situazioni di fragilità e una sala polivalente per momenti culturali e ricreativi. Vogliamo, infatti, promuovere anche iniziative e occasioni di incontro con l’obiettivo di costruire relazioni tra le famiglie e il territorio.

L’associazione ha già proposto diverse attività, da seminari specifici dedicati alla legge del dopo di noi a laboratori con le scuole fino a momenti di riflessione di natura culturale e spirituale oltre a eventi di musica e teatro. E non vogliamo certo tralasciare azioni di promozione e difesa dei diritti delle persone con disabilità, perché c’è molto da fare in questo senso se pensiamo alla scuola o all’inserimento lavorativo. Su questi temi ci sono anni di battaglie e di conquiste che rischiano di essere cancellati, sopraffatti da una cultura semplicemente prestazionistica che misura i diritti solo in base alle risorse economiche a disposizione. Nei cambiamenti legislativi, invece, vi era dentro una forte dimensione sociale ed esperienziale che affondava le sue ragioni proprio nel rispetto della dignità della persona.

Anche la legge sul ‘dopo di noi’ ha bisogno di una revisione perché si è rivelata non in grado di rispondere fino in fondo alle esigenze delle famiglie. Sembra più uno strumento che parrebbe mettere al centro le cose, ovvero le risorse economiche, i patrimoni, gli immobili, che non le persone. Nata certamente con la finalità di aiutare le famiglie, ha funzionato per chi è stato capace di coglierne le opportunità. Ora bisogna lavorare per rendere la legge un diritto esigibile da chiunque. Come SON siano vicini a chi non ha risorse economiche o patrimoniali sufficienti, né gli strumenti e i saperi tecnici necessari, ma avverte ugualmente la preoccupazione del dopo di noi. Accanto a tutto ciò SON vuole essere anche un luogo di preghiera, silenzio, contemplazione e ascolto, che trae ispirazione dall’ultimo periodo di vita del cardinal Martini, quello segnato dalla malattia e dalla debolezza.

Per tutti noi che la viviamo, Speranza Oltre Noi è già una forte esperienza di senso che richiama anche quel magistero della fragilità invocato da Papa Francesco che ci mette in moto come promotori di pensiero, di cultura e di attenzione verso i più deboli. Siamo dunque in cammino per portare avanti una diversa cultura della disabilità: non un problema da affrontare da soli, ma un’opportunità di ricerca, di relazioni da vivere, di amicizia, solidarietà e impegno da condividere.

Don Virginio Colmegna

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