La sorpresa è arrivata nella busta consegnata a casa, quando i cittadini che ne avevano fatto richiesta l’hanno trovata ‘monca’: le tessere sanitarie in consegna in questo periodo nelle case degli italiani non avranno il microchip introdotto ormai nel lontano 2011.

Colpa della crisi mondiale nel mercato dei semiconduttori, una carenza globale che ha pesantemente colpito sin dal 2020 in particolare il settore industriale automobilistico. Un fattore di non poco conto se si considera che, come ricorda il Post, ogni anno in Italia si sostituiscono circa 11 milioni di tessere sanitarie, introdotte nel 2004 in sostituzione del vecchio tesserino del codice fiscale e della durata di sei anni.

La conseguenza della carenza mondiale di microchip, e dunque della loro assenza nelle tessere sanitarie attualmente in consegna, è la limitazione per chi le sta ricevendo in questo periodo di alcune funzione aggiuntive garantite proprio dalla loro presenza: parliamo in particolare dell’impossibilità di fare visite specialistiche negli sportelli che prevedano l’inserimento della carta e quindi la lettura del microchip.

Le carte senza chip, pur valendo come codice fiscale e come Tessera europea assistenza malattia, ovvero come documento riconosciuto all’interno della comunità europea in caso di necessità di cure mediche, non avranno però la funzionalità della Carta nazionale dei servizi, cioè di identificazione e autenticazione online: una funzionalità svolta in parte anche dallo Spid.

Proprio per fare fronte a questa problematica il governo ha deciso di proroga la validità delle tessere in scadenza fino al 31 dicembre del 2023, ma solo per le funzioni in cui è necessario il microchip. Proroga che però non è automatica e che, anzi, è praticamente impossibile per gran parte dei cittadini: nella complicata procedura per richiederne la proroga è necessario anche l’utilizzo di un lettore di smart card collegato al computer, dispositivo assente in praticamente tutte le case degli italiani.

Il decreto del ministero dell’Economia che dà l’ok al ritorno alla tessera sanitaria senza microchip risale in realtà allo scorso, ma è passato sotto traccia fino a quando le Asl sparse sul territorio nazionale hanno iniziato a chiedere spiegazioni al governo ‘centrale’ su come procedere in vista dei disservizi provocati proprio dalla rinuncia ad alcuni servizi al cittadino offerti dal chip.

Quanto al problema a monte, ovvero la carenza globale di semiconduttori e microchip, la crisi è dovuta a una serie di fattori: in primo luogo l’aumento della domanda, dovuta ai settori industriali sempre più diversificati in cui vengono utilizzati, ma soprattutto per i problemi globali legati alla catena di approvvigionamento seguita alla pandemia di Covid-19, la cosiddetta “supply chain”.

Redazione

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