A pochi giorni dalla scelta di 25 iscritti di stracciare la tessera di Magistratura Democratica, arriva la risposta di Mariarosaria Guglielmi, Segretaria della corrente di sinistra delle toghe. Nel documento, dal titolo ‘Le ragioni di Magistratura democratica’, il sentimento che prevale è quello di una grande amarezza nei confronti di chi, in un momento di profonda crisi della magistratura, ha deciso di distruggere nuovamente senza voler ricostruire, di chi ha scelto di sbattere la porta e andare via senza pensare ad una soluzione comune. Forse il destino tra Md e Area era già segnato, si aspettava solo un congresso per formalizzare probabilmente la scissione tra, come ha detto il nostro direttore, la componente giustizialista e moralizzatrice e il gruppo dei garantisti, di chi segue solo il faro del diritto . Ma perché non attendere il momento del dibattito pubblico e farlo invece in maniera così netta e «unilaterale», scrive la Guglielmi?

«Non si propone un’alternativa – leggiamo nel documento – non si indicano strade diverse nella direzione che si ritiene giusta, ma si decide l’abbandono. Si va via bruciando i ponti, senza possibilità di ripensamenti e chiudendo definitivamente le vie del dialogo».

La Segretaria di Md, pm alla Procura di Roma, sceglie di non andare troppo nel merito delle ragioni della scissione – per quello ci saranno forse altre sedi ed altri momenti per sviscerarle – ma punta il dito sul metodo: «Non conta solo perché si va via: conta anche come si sceglie di farlo. E spesso le modalità dicono molto più delle motivazioni dichiarate. Chi oggi lascia, ricoprendo ruoli di rappresentanza nella dirigenza di Area, in ANM, al CSM e nei consigli giudiziari, anche in nome e per conto di MD, non ha trovato il momento e il luogo dove confrontarsi con gli iscritti ad MD sulle ragioni della fuoriuscita?»

I dissidenti avevano accusato Md di seppellire «nel silenzio il dissenso interno e a noi appare ormai come un luogo escludente, autoreferenziale, assente dal dibattito politico reale».

In verità, ribatte la Guglielmi, per alcuni «si tratta a ben vedere di un “ultimo atto” del tutto coerente con un’assenza che si protrae da tempo proprio da quei luoghi di confronto politico di MD di cui si lamenta la mancanza. Luoghi che non sono le chat ma i consigli nazionali, sono le sezioni ancora attive e sono tutte le occasioni nelle quali l’impegno dei singoli riesce a segnare una presenza del gruppo, aperta e inclusiva».

Dunque si rispinge al mittente la medesima accusa di mancanza di dialogo; anzi si rincara la dose sostenendo che, nel momento in cui la difficoltà di ritrovarsi nell’attuale linea di Md si sarebbe potuta affrontare all’ultimo congresso di Roma, si è scelto di non agire, di rifugiarsi nell’astensione: «nessuna presentazione di candidature “alternative” alla linea della dirigenza per l’elezione dei componenti del Consiglio Nazionale; numerose e compatte astensioni sul voto per il rinnovo di segretario e presidente in carica e per l’approvazione della mozione finale, rimasta infatti unitaria perché nessuna proposta alternativa è stata mai presentata».

Addirittura, denunciando una certa ipocrisia sottesa alle ragioni dei 25 separatisti, la Guglielmi ricorda che «chi oggi denuncia la repressione del dissenso interno, solo poche settimane fa, invocava la violazione dello statuto per negare legittimazione all’incontro per un confronto aperto a tutti gli iscritti promosso dalla dirigenza sulla situazione in ANM, e a quell’incontro molto partecipato ha scelto di non essere presente, rinunciando a dare un contributo di conoscenza e di valutazione, sostenendo che non era quella la sede “legittimata” a discutere di ANM. Altri che- in quella stessa occasione- hanno richiesto un congresso straordinario ( anche online) oggi hanno deciso di non attendere neppure che si allenti la morsa dell’emergenza sanitaria che ne ha imposto il rinvio: la revoca dell’ iscrizione a MD è infatti ad “effetto immediato”».

Tutto ciò avrà delle ricadute? Su questo è chiara la Guglielmi: « Le scelte compiute sono pericolose perché rischiano di essere distruttive e di dividere il fronte della magistratura progressista creando una frattura insanabile al suo interno. Sono scelte di “disconoscimento” , dirette a pregiudicare la prospettiva di una magistratura progressista plurale ma unita sui valori. Sono scelte che rischiano di produrre lacerazioni nella comunità di persone che in MD hanno vissuto una storia comune, e di allontanare definitivamente chi non ha mai vissuto in termini conflittuali il suo impegno in tutti i luoghi della nostra “politica” associativa e vive come un arricchimento la possibilità di una plurima “militanza”. Nulla di tutto questo doveva e deve accadere».

Ma è successo e non si torna indietro. Ora bisognerà capire chi riuscirà a rialzarsi meglio da queste ceneri – che vengono dopo lo scandalo Palamara, trasformato in un unico capro espiatorio del marciume del sistema, dopo l’affaire Davigo che ancora insensatamente continua a voler rimanere attaccato alla poltrona del Csm, dopo l’elezione del giudice di Cassazione Santalucia alla guida dell’Anm che ha sconquassato il partito dei pm – e ad incarnare il fortissimo bisogno di autocritica e rinascita della magistratura.

Nel frattempo MD continuerà, conclude la Guglielmi, al vertice insieme al Presidente Riccardo De Vito, «ad essere un luogo di aggregazione di persone e un soggetto collettivo che ha continuato a sostenere il progetto unitario della magistratura progressista e le persone chiamate ad attuarlo nelle competizioni elettorali».