Nell’intervista di Aldo Cazzullo del 5 settembre, Tony Blair parla di centristi riferendosi ai partiti che si riconoscono nei valori della democrazia liberale. Dice che il conflitto novecentesco tra capitale e lavoro è stato sostituito da uno nuovo: sovranismo/globalismo, populismo/élite.

E che sovranisti e populisti stanno sia a destra che a sinistra. Dice che legalità e ordine non sono né di destra né di sinistra. E che la rivoluzione tecnologica riserva immani opportunità.

Blair parla a tutti i riformisti. Ma Claudio Cerasa, nel suo editoriale di ieri, interpreta Blair come “faro” solo di coloro che, in Europa, sognano una nuova sinistra. E ripete la parola “sinistra” per ben quattro volte come un mantra, quasi un tic, una sorta di sindrome inguaribile.

Blair dice che il mondo è diviso tra democrazie e autocrazie. Ma Cerasa, in modo meccanico e abitudinario (non se ne accorge), colloca le prime a sinistra e le altre a destra. Come se i liberali in quanto tali, i riformisti che non si riconoscono più nelle vecchie etichette di destra e sinistra, non stiano già dalla parte giusta, sì proprio quella, dalla parte della giustizia sociale.

Alfonso Pascale

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