L'evento
Torna a Roma Jakub Hrůša con una Sinfonia dal nuovo mondo
Torna a Roma per l’ultimo concerto di stagione il Direttore Ospite Principale dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Jakub Hrůša che giovedì 9 giugno alle ore 19.30 (repliche venerdì 10 ore 20.30 e sabato 11 ore 18, Sala Santa Cecilia, Auditorium Parco della Musica – Ennio Morricone) sarà alla guida dell’Orchestra e del Coro, istruito da Piero Monti, e di un affiatato quartetto di cantanti solisti: Kateřina Kněžíkovásoprano, Jarmila Balážová contralto, Richard Samek tenore, Jozef Benci basso – tutti, ad eccezione del tenore, al debutto nei concerti di Santa Cecilia. Il programma, dedicato alla terra natale del Maestro Hrůša, impagina la Sinfonia n. 9 “Dal Nuovo Mondo” di Antonín Dvořák – ultima e celeberrima sinfonia del compositore boemo – e la Messa Glagolitica di Janáček, di rara esecuzione, ascoltata nella stagione sinfonica di Santa Cecilia l’ultima volta nel 1996. Hrůša, Direttore Principale dei Bamberger Symphoniker e ospite dei cartelloni delle maggiori orchestre come i Wiener e i Berliner Philharmoniker, New York Philharmonic, Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks e Royal Concertgebouw Orchestra di Amsterdam, ha debuttato sul podio dell’Orchestra di Santa Cecilia nel 2016. Da allora vi ha fatto ritorno nel 2018, 2019 e nel 2021, dirigendo anche il concerto del 1° giugno 2021 tenutosi nei giardini del Quirinale per le celebrazioni del 75° anniversario della Repubblica Italiana alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Quando nel 1891 fu proposto ad Antonín Dvořákdi trasferirsi a New York per dirigere il locale Conservatorio, egli era tra i compositori più famosi di tutta Europa. Superate le prime perplessità,Dvořák si imbarcò per gli Stati Uniti con la famiglia nel settembre del 1892 (per poi fare ritorno a Praga quattro anni dopo): l’invito in America ebbe il significato di una vera e propria consacrazione. Nel periodo americano Dvořák si dedicò intensamente allo studio del canto indiano e nero e compose la Nona Sinfonia “Dal Nuovo Mondo””nello spirito di queste melodie popolari” senza peraltro citarne nessuna letteralmente. Il compositore illustrò il titolo dell’opera “Dal Nuovo Mondo” spiegando che si riferiva a “impressioni e saluti dal nuovo mondo. […] Ho scritto semplicemente temi originali, nei quali ho immesso elementi peculiari della musica dei pellerossa”, anche se la presenza di melodie americane è innegabile: nel primo tempo, per esempio, risuonano gli spiritual Swing low, sweet Chariot e Go Down Moses mentre ispirazione “indiana” hanno alcune melodie dei movimenti centrali, il Largo e lo Scherzo. La sinfonia termina con un Allegro con fuoco, aperto dal tema più popolare dell’intera composizione, che riespone le principali idee melodiche ascoltate nei tempi precedenti. La prima assoluta ebbe luogo alla Carnegie Hall di New York il 16 dicembre del 1893 con la direzione di Anton Seidl.
La Messa Glagolitica fu composta nell’ultima fase creativa di Leoš Janáček (1854-1928), che annotò sulla partitura: “Dal 5 agosto al 15 ottobre 1926”. A proposito della genesi della Messa, Janáček affermò che con quella composizione aveva voluto offrire un contributo alle celebrazioni del 1928 per il decennale della Repubblica Cecoslovacca e per onorare il mondo di Cirillo e Metodio, i due “Apostoli degli Slavi” che nella seconda metà del 9 secolo elaborarono l’alfabeto“glagolitico” (antenato del cirillico e desunto da quello greco), per scrivere i fonemi delle lingue slave e diffondere le sacre scritture in quei paesi. La scelta del testo della Messa in slavo arcaico ebbe dunque per Janáček un significato principalmente patriottico. Il compositore, infatti, che si è sempre dichiarato “non credente”, affermò di voler esprimere nella Messa la propria “fede nell’eternità del popolo ceco non su base religiosa, ma morale”.
Nello stile musicale della Messa Glagolitica, suddivisa in otto parti (di cui tre solo strumentali) e che rappresenta una personale rievocazione del dramma e del sacrificio di Cristo -“Mostrerò alla gente come bisogna parlare al Signore Iddio”, disse Janáček -, ritroviamo le caratteristiche dell’ultimo stile del compositore: invenzione tematica molto breve desunta dalla lingua parlata, strumentazione che privilegia le sonorità acute e basse, ripetizione di piccole cellule musicali, tendenza al monotematismo e barbarica forza del ritmo.
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