Pene dai 5 anni e  mesi fino a 6 anni e 6 mesi per torture, falso e minaccia aggravata. Sono le condanne inflitte dai giudici del tribunale di Siena che nel pomeriggio di giovedì 9 marzo marzo hanno condannato cinque agenti penitenziari del carcere di San Gimignano.

Secondo l’accusa della Procura, riscontrata nel giudizio di primo grado, i cinque agenti di polizia penitenziaria sarebbero responsabili del pestaggio di un detenuto tunisino nell’ottobre 2018 in un trasferimento di cella.

Sostanzialmente accolte le richieste del pm dopo sette ore di camera di consiglio del collegio giudicante: il pubblico ministero aveva chiesto infatti tra sei e otto anni di condanna, ma soprattutto il riconoscimento del reato di tortura.

Secondo quanto emerso nell’inchiesta, i cinque agenti andarono in forze a prelevare il detenuto, recluso in isolamento, per trasferirlo da una cella all’altra del carcere. Fu in quei momenti che l’uomo venne trascinato per il corridoio del reparto isolamento e picchiato con pugni e calci. “Gli hanno abbassato i pantaloni, è caduto e hanno continuato a picchiarlo. Sentivo le urla“, si legge in una delle testimonianze agli atti dell’inchiesta.

I cinque imputati erano in aula alla lettura della sentenza, alcuni sono scoppiati in lacrime, uno ha urlato “Vergogna“.

Altri 10 agenti per gli stessi fatti furono in passato condannati in abbreviato il 17 febbraio del 2021. Per loro il Gup di Siena, Jacopo Rocchi, aveva inflitto pene che vanno dai 2 anni e 3 mesi ai 2 anni e 8 mesi. In precedenza il gup di Siena aveva già condannato a quattro mesi di reclusione il medico dello stesso penitenziario, accusato di rifiuto di atti d’ufficio perché si sarebbe rifiutato di visitare e refertare il detenuto.

Ricorreremo in appello“, ha annunciato dopo la lettura del dispositivo da parte del presidente Simone Spina, l’avvocato Manfredi Biotti, difensore di quattro dei cinque imputati. “Non comprendiamo quale è stato il ragionamento dei giudici ma ne prendiamo atto; vedremo le motivazioni e faremo appello, certo è un segnale molto brutto“, ha aggiunto Biotti.

Di tutt’altro avviso invece l’avvocato Michele Passione, legale del Garante dei detenuti: ”Abbiamo sostenuto che il reato di tortura sia più grave quando è commesso dal pubblico ufficiale perché disegna un rapporto di potere che viene estorto tradendo la fiducia che ognuno deve avere nelle forze di polizia che sono nella massima composizione sane”.

Avatar photo

Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia