Falsi certificati per coprire i pestaggi
Torture nel carcere di Sollicciano, chiesto processo per 10 agenti e due medici: “Timpano e costole rotte”

Chiesto il rinvio a giudizio per dieci agenti della polizia penitenziaria e due medici in servizio tra il 2018 e il 2019 nel carcere fiorentino di Sollicciano per i presunti pestaggi ai danni dei detenuti. La richiesta arriva da Christine Von Borries, sostituto procuratore della procura del capoluogo toscano. Le accuse, contestate a vario titolo, sono quelle di tortura e falso in atto pubblico.
Secondo la procura fiorentina, i due sanitari avrebbero redatto falsi certificati in relazione alle condizioni dei detenuti vittime delle presunte violenze da parte degli agenti. Lo scorso gennaio tre agenti penitenziari, tra i quali un’ispettrice, sono finiti ai domiciliari, mentre per altri sei è stata disposta la misura cautelare dell’interdizione dall’incarico per un anno e dell’obbligo di dimora nel comune di residenza.
Stando a quanto emerso nelle indagini, nell’ufficio dell’ispettrice 50enne sarebbero avvenuti almeno due episodi di pestaggi ai danni di altrettanti detenuti. L’episodio più violento, datato il 27 aprile 2019, sarebbe avvenuto nell’ufficio della donna ai danni di un uomo di origini marocchine che aveva insultato un agente in segno di protesta. “Ti massacriamo” avrebbero reagito gli agenti con il detenuto portato nell’ufficio dell’ispettrice e pestato con pugni e calci. Non contenti, gli agenti avrebbe portato l’uomo in un’altra stanza, lasciandolo nudo per diversi minuti prima di condurlo in infermeria.
“Ecco – gli avrebbe detto uno degli agenti – la fine di chi vuole fare il duro”. A seguito dell’episodio il detenuto ha riportato 20 giorni di prognosi per la frattura di due costole. Sempre secondo le ricostruzioni del pm, per coprire il pestaggio avvenuto davanti a lei nel suo ufficio, l’ispettrice avrebbe redatto una relazione in cui dichiarava che i colleghi erano stati costretti a intervenire perché il marocchino aveva cercato di aggredirla sessualmente.
Nel dicembre 2018 un altro detenuto, italiano, sarebbe stato immobilizzato da otto agenti nell’ufficio del capoposto e picchiato fino a perforargli un timpano. Qui entrano in gioco i medici, un 33enne straniero e residente a Siena, e una 62enne di Prato. Secondo l’accusa, entrambi, in due distinti episodi, hanno coperto gli autori dei pestaggi senza visitare i detenuti che venivano portati in infermeria dopo le violenze, certificando come lievi lesioni quelle che erano violenze pesanti.
Il 2020 è stato un anno nero per le carceri italiane. A dicembre scorso sono circa 53mila i detenuti in galera per 47mila posti disponibili. A marzo, dopo la chiusura ai colloqui per la pandemia da coronavirus, sono morti durante le proteste in diverse carceri 14 detenuti, 9 a Modena. Secondo le autorità tutti per overdose dei farmaci rubati dalle infermerie. Con il passare delle settimane si sono moltiplicate le denunce e le voci di torture e violenze. Il caso più rumoroso è quello denunciato al carcere di Santa Maria Capua Vetere, nel casertano, 57 gli agenti indagati.
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