La coraggiosa autodifesa di Giovanni Toti ha scosso la politica dal suo torpore. Il Governatore è meno solo, il giorno dopo la lunga deposizione con cui ha risposto alle 180 domande degli inquirenti. Volato a Genova, è stato ieri Matteo Salvini ad aprire le danze senza imbarazzo: «Genova e la Liguria sanno non arrendersi mai. Ringrazio Giovanni Toti, senza entrare nel merito di sfere che non mi competono. Ma è stato co protagonista del rinascimento della Liguria che negli ultimi anni è stato imponente e maestoso», ha detto il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, alla cerimonia di posa del primo cassone della nuova diga portuale di Genova.

«Io mi ricordo come questa regione aveva fame di Infrastrutture – ha aggiunto – quindi ingrazio chi forzatamente non è qui, ma è co protagonista comunque». D’altronde la rivendicazione di Toti, quando ha detto di aver sempre agito per ridare fiato alle infrastrutture liguri, ha rivendicato esattamente il passo veloce che esalta Salvini. Anche Forza Italia condivide lo stesso avviso. Alessandro Cattaneo, deputato di Forza Italia e responsabile dei dipartimenti, lo dice chiaramente: «Giovanni Toti durante le otto ore di interrogatorio, secondo quanto detto dai suoi legali, si è difeso e ha respinto tutte le accuse. Vedremo se gli arresti domiciliari saranno confermati o meno, ma secondo alcuni dovrebbe dimettersi. Per me, che sono garantista, non è assolutamente così».

Adesso che il tema del garantismo si è imposto, con sovrumana fatica – perché di garantismo parlano tutti, in Italia, e quasi tutti senza aver capito cos’è – ecco i distinguo del centrosinistra. Il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, attualmente candidato alle europee, così come Antonio Misiani, fanno le acrobazie: «Io sono garantista e credo che il Governatore della Liguria abbia il sacrosanto diritto a difendersi, così come sta facendo. Se sarà colpevole o meno lo diranno i giudici nei tempi, purtroppo non brevi, della giustizia italiana. C’è però un tema politico. La Regione Liguria in questo momento non è gestibile, perché l’inchiesta in corso è così profonda che difficilmente si chiuderà nel giro di poche settimane».

Dunque colpevole o innocente, cambia poco. Il problema sono i tempi del processo. E poiché la giustizia italiana procede a passo di lumaca, Toti farebbe bene a dimettersi. La nuova frontiera del cripto garantismo è questa. Peggio dei Dem riesce a fare solo Giuseppe Conte. Il leader del M5S, che all’ordine degli avvocati risulterebbe ancora iscritto, se in precedenza aveva detto di non potersi dichiarare né garantista né giustizialista, adesso prova a rimodulare la sua versione. E intervistato da Paolo Del Debbio, finisce in un testacoda: «Io sono garantista. Ma che c’entra il garantismo? Qui si tratta di malaffare». Conte quindi, che non sapevamo essere anche Magistrato, ha già la sentenza scritta. Peccato che nell’articolare la sua iperbole, dimostri anche egli quanto dicevamo prima: si tira in ballo il garantismo senza dare un orizzonte di senso alle parole. Quelle che al momento non sembra trovare neanche la premier, Giorgia Meloni.

Tra le tante voci che ieri, dopo aver letto la memoria difensiva del governatore, si sono levate a suo sostegno, risulta ancora più eloquente il silenzio di Fratelli d’Italia e della sua leader. Certo, Guido Crosetto aveva da subito preso le difese di Toti. Ma il corpaccione del primo partito della coalizione mantiene il basso profilo, rimandando a dopo il voto del lotto il 9 giugno la posizione ufficiale sul governatore della Liguria. Nessuno esclude che Giorgia Meloni stia pensando alla possibilità di indire elezioni amministrative anticipate in quella regione. Se Stefano Bonaccini sarà eletto a Bruxelles, è il ragionamento che si fa a Palazzo Chigi, è giocoforza la convocazione di elezioni anticipate per l’Emilia-Romagna. In quella stessa data, presumibilmente ad ottobre, qualcuno dell’entourage della premier ipotizza di legare il voto anticipato ligure.

Ha buon gioco Matteo Renzi nel ricordare: «La presunzione di innocenza vale solo per i propri compagni di partito e non si applica mai agli avversari». Ragionano tutti per opportunità e convenienze, facendo strame di quel pilastro della Costituzione che è la garanzia della giustizia per l’imputato. anche su questo tema, come su molti altri, il paese reale è distante dalla politica. Chi invocava un ritorno dell’atmosfera di mani pulite, sembra aver fatto male i suoi conti. Il giustizialismo d’accatto non paga più. La fotografia degli ultimi sondaggi, che da ieri non possono più essere pubblicati, restituisce l’immagine di un elettorato sobrio e distaccato rispetto alle vicende giudiziarie. Nell’ultima settimana, infatti, Forza Italia insieme con Noi Moderati, formazione di Giovanni Toti, ha guadagnato circa il 2% dei consensi. E più le vestali dei sepolcri imbiancati vanno in televisione a stracciarsi le vesti, più gli elettori ne prendono le distanze. Il M5S da quando cavalca il caso-Toti, indignandosi a gettone per ogni comparsata nei Talk show, ha perso una forbice che va dall’1.5% al 3%. Il populismo giudiziario, 31 anni dopo Tangentopoli, è un prodotto scaduto e indigeribile. E proprio al contrario di come avvenne allora, chi dimostra di saper difendere se stesso e la dignità della politica, risulta oggi più apprezzato.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.