La democrazia piace? La democrazia costa. In termini di risorse, di energia, di tempo investito, il sistema democratico – “il peggiore di tutti, eccetto le dittature”, diceva Winston Churchill – va alimentato. Sempre. Con il denaro che serve per sostenere le macchine organizzative, pagare gli stipendi, finanziare le campagne elettorali di un sistema multipartitico che implica tante cascate quanti rivoli. La comunicazione politica, la formazione delle classi dirigenti, l’affinamento dei meccanismi di selezione dei candidati sono aspetti importanti che corrispondono a voci di spesa. Finanziare il sistema dei partiti è la migliore garanzia di avere ancora una democrazia di qualità. Contrapporre a questa esigenza non solo legittima ma necessaria l’idea che la politica “rubi” è meschino. E per di più, falso. Chi ha a cuore la democrazia dovrebbe spendersi di più per assicurarne la sostenibilità. E restituire ai partiti il finanziamento pubblico.

Quel meccanismo di salvaguardia del diritto di rappresentanza democratica che solo una ordalìa demagogica insensata come quella che ha fatto seguito all’inchiesta Mani Pulite poteva eliminare. Adesso sentiamo suonare di nuovo i tamburi di quella danza tribale: dopo l’arresto del governatore ligure Giovanni Toti, ecco i nostalgici del cappio che avanzano. I Cinque Stelle se ne proclamano protagonisti. Non gli sembra vero: dopo la fine del Reddito di cittadinanza non avevano altro argomento se non il disarmo (puntando sull’amnesia generale, perché Giuseppe Conte premier invece aveva aumentato le spese militari) e adesso finalmente ritrovano una ragion d’essere. Rieccola, l’etica pubblica. La lotta senza quartiere alla corruzione.

La necessità di stringere i cappi, di esporre al pubblico ludibrio il nome, quando non il corpo, dell’avversario a cui la magistratura è arrivata in vece della politica.
E oggi abbiamo dieci nuovi indagati. Come nel plot di un film già visto, quello di Tangentopoli, quando ogni giorno veniva concessa alla sete di sangue dei giustizialisti una qualche goccia. Cinque, dieci, venti gocce al giorno: uno stillicidio di nomi e di ipotesi di reato che arrivavano a scaglioni, a rate. E che instillavano a ogni informativa delle Procure non soddisfazione ma maggiore appetito.
Non appagamento ma un crescendo di vecchia rabbia e nuova vendetta. Ci sono almeno altri dieci indagati, oltre ai 25 indicati nell’ordinanza. Saremmo così a trentacinque persone coinvolte. Tra queste Paolo Piacenza, dall’8 settembre 2023 commissario straordinario dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale. È indagato per abuso d’ufficio.

Gli uffici e la residenza di Piacenza sono stati perquisiti dalla guardia di finanza. Pd e M5S stanno con la bava alla bocca. La richiesta – a segreterie unite, Nazareno e Campo Marzio sono un tutt’uno – è di avere le dimissioni di Toti quanto prima. “Non è possibile fare finta di nulla e andare avanti. Sarebbe uno sfregio alla democrazia, alle istituzioni e soprattutto ai cittadini che ancora credono nella politica. E’ assolutamente necessario voltare pagina e affrontare la questione in modo serio”. La giustizia serve a poco, davanti a tanti chiaroveggenti. Il Gip non ha ancora acquisito una sola prova ma c’è già chi sigilla il certificato di condanna. “Diamogli la possibilità di provare la sua innocenza”, è il coro che proviene dai più. E no: il garantismo dice il contrario. Toti è innocente finché non sarà stata provata la sua ipotetica colpevolezza. Si pattina su un terreno reso ormai scivoloso un po’ ovunque. Su La7 Lilli Gruber ha la sentenza in tasca: “Ci si deve dimettere appena si riceve l’avviso di garanzia, è una questione etica”.

Veramente questa è l’etica del Pool di Mani Pulite, quello che pretendeva di decidere sindaci e regioni a seconda dei nomi da impallinare. “Come M5S ribadiamo con più forza la necessità di sciogliere la Giunta e il Consiglio regionale”, dice il capogruppo ligure dei contiani, Fabio Tosi.
“Oggi si svolgerà una riunione di maggioranza e dalle diverse dichiarazioni dei partiti di centrodestra in Liguria, risulta palese l’intenzione di non presentare le dimissioni e di continuare la legislatura come se niente fosse accaduto. Come M5S ribadiamo con ancora. “. Così il capogruppo ligure M5S Fabio Tosi.
L’ex sindaca di Torino, Chiara Appendino, potrebbe scrivere già non solo la sentenza di Cassazione, ma il dispositivo e le motivazioni. A lei basta poco. “Leggendo le intercettazioni emerge un quadro deplorevole dal punto di vista morale. Ogni giorno in Italia emergono nuovi scandali e credo che siamo di fronte ad una nuova Tangentopoli”. Come in batteria, i grillini evocano i fasti dei cappi di Mani Pulite a ogni dichiarazione. Anzi: sanno già che il virus del “malaffare”, come lo chiamano loro, si propaga viralmente.

Per prossimità. E infatti ne scorgono già i fumi in Lombardia, dove è arrivata qualche propagine dell’inchiesta. “Sorte, uno dei leader della destra lombarda, non se la può cavare così, come sta tentando di fare in queste ore, minimizzando o ridicolizzando l’inchiesta in corso, partita in Liguria e arrivata a coinvolgere esponenti della destra lombarda. Non può difendere una politica che prima chiude un occhio, poi anche l’altro, e alla fine finge di sorprendersi quando entra il malaffare”, dice Pierfrancesco Majorino, capogruppo in Regione Lombardia e componente della segretaria nazionale del Partito Democratico. Neanche dalle parti di Fratelli d’Italia sembra aver fatto breccia la nozione minima di garantismo.
“A me preoccupa qualsiasi arresto”, ha detto rispondendo a chi gli chiedeva se fosse preoccupato dall’arresto del presidente della Liguria Giovanni Toti. “Quando c’è un intervento della magistratura e delle forze dell’ordine – ha aggiunto – c’è un problema”.

Le crepe nel centrodestra si faticano a nascondere. Uno degli scenari che vengono considerati è che dopo il voto delle europee Giorgia Meloni decida la fine dei giochi chiedendo ai suoi uomini in Liguria di fare cadere la giunta. Andare avanti con la bufera che imperversa potrebbe rovinare l’immagine di un partito non toccato dall’inchiesta e con buoni riscontri dai sondaggi. La Lega, che ora ha in mano la guida della Regione con il vicepresidente Piana, potrebbe invece non avere fretta di concludere a breve la partita. Toti sarà interrogato venerdì.
Il suo legale ha assicurato: “E’ determinato a spiegare i fatti”. Se gli inquirenti avessero dubbi, possono chiedere a Pd e Cinque Stelle: loro hanno la verità in tasca, hanno tutte le certezze del caso.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.