Quando a votare sono i giudici
Toti, il corto circuito della sinistra e la mossa del perseguitato Renzi che sposa i giustizialisti
“Non chiederei mai, sottolineo mai, un passo indietro a chi è oggetto di indagini, con imputazioni tutte da dimostrare. Troppi proscioglimenti dopo anni di graticola hanno dimostrato la crudeltà delle sentenze sommarie dell’opinione pubblica o degli stessi colleghi di partito che forse, per la loro coscienza opaca, non vogliono neppure sfiorare la persona inquisita. Gerardo Chiaromonte mi ripeteva spesso: attento, Goffredo. Dietro ogni moralista c’è sempre un imbroglione”. La lunga citazione dall’intervista che Goffredo Bettini ha dato ieri al nostro giornale andrebbe scolpita nel marmo, compreso il ricordo di un gigante del garantismo come Chiaromonte.
Il corto circuito di Bettini
Peccato che quattro righe più su, nella stessa intervista il medesimo Bettini ci abbia detto: “Io la manifestazione per mandare via Toti l’avrei fatta, perché politicamente è un Presidente fallito. È finita la sua fase”. Infatti Toti ieri mattina si è dimesso perché “è finita la sua fase”. Non perché obbligato a farlo dalla Procura genovese, che lo ha tenuto agli arresti domiciliari per tre mesi, con l’unico obiettivo di avocare a sé un potere esercitato dalla politica su mandato del popolo sovrano. E dunque, lascio all’onestà intellettuale di chi legge un giudizio su questo corto circuito della logica e del buon senso in cui è inciampato il mio vecchio amico Goffredo.
Dimissioni Toti, il perseguitato Renzi sceglie i giustizialisti
Sempre ieri Matteo Renzi ha dichiarato che in Liguria, nelle elezioni cui si andrà a breve dopo le dimissioni di Toti, Italia Viva sarà parte integrante della coalizione di centrosinistra e non presenterà una sua candidatura.
In sintesi: il politico italiano più perseguitato (dopo Berlusconi) dalla giustizia mediatica in questi anni, ne sfrutta la scia nel caso Toti, e sceglie di essere partecipe di un’operazione politica che nasce all’insegna di una inaudita decapitazione delle procedure e della sostanza della democrazia, oltre che del più vergognoso giustizialismo.
Toti isolato anche dal suo centrodestra
È su queste basi che sta nascendo il nuovo campo largo targato Schlein-Conte-Fratoianni-Renzi? Se la Liguria sarà la prima sperimentazione di questa alleanza, buona fortuna; noi saremo altrove. Come dicevamo ieri, per i riformisti non contano le piccole furbizie politiche, ma i contenuti e i princìpi, e quelli del garantismo sono insindacabili, imprescindibili, e non possono valere a seconda che il meglio della giustizia mediatica colpisca amici o avversari.
Detto questo, certo non consola il fatto che Toti non sia stato difeso dai suoi. E che anzi il suo centrodestra, salvo la nobile eccezione di Guido Crosetto, lo abbia progressivamente isolato, fino a rendere inevitabili le dimissioni.
La prepotenza della giustizia
Evidentemente troppo scomodo e ingombrante per chiunque andare controcorrente, rivendicare non voglio dire il primato della politica ma almeno la sua dignità. E troppo forti le tentazioni cannibalesche delle tribù politiche, pronte a svendere qualunque principio in cambio di qualche posto.
La conclusione è che, con la vicenda Toti, la prepotenza della giustizia ha fatto un passo avanti e la politica ne ha fatti due indietro, rischiando di finire per sempre nel baratro del dimenticatoio e dell’insignificanza. Poi nessuno si lamenti se la gente a votare non ci va più.
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