Cultura
Tra abisso e speranza, viaggio nell’anima di un paese: il libro-reportage di Adam Smulevich sulla vita quotidiana d’Israele dopo il 7 ottobre
Zakhor è l’imperativo ebraico per antonomasia, significa ricorda. Ed è proprio seguendo questa indicazione che Adam Smulevich ha affrontato un viaggio nella “sua” Israele, ferita e traumatizzata dagli attacchi di Hamas del 7 ottobre, costati la vita ad almeno 1200 persone.
Israele è stato sfregiato nella sua anima da un’orrenda carneficina compiuta da terroristi senza scrupoli. Hanno colpito Israele per colpire l’Occidente e i suoi valori. Si sono serviti di migliaia di civili come scudi umani nelle scuole, negli ospedali e nelle caserme. Da quel giorno il volto di Israele è cambiato e il paese vive con il fiato sospeso, sentendosi sempre più assediato e isolato, in attesa di una nuova guerra che è oggi arrivata.
Le cicatrici del 7 ottobre si vedono ovunque. Nei giornali, nelle trasmissioni di radio e tv, nelle canzoni, perfino nelle parole di alcune star della serie tv di Netflix “Fauda”, nel frattempo richiamati come riservisti a Gaza. Tracce di quel massacro si trovano non solo a Sderot, la cittadina al confine con Gaza diventata tristemente famosa per gli attacchi di Hamas già ben prima del 7 ottobre, ma anche nelle strade di Gerusalemme vecchia, a Beer Sheva, da dove secondo la Tradizione transitarono Abramo, Isacco e Giacobbe e oggi centro molto attivo della regione del Negev, ma anche nel modo in cui sono state vissute le feste ebraiche.
Echi del 7 ottobre rimbalzano anche tra i palazzi di vetro, i boulevard, i caffè di Tel Aviv, dove la vita non si ferma mai, così come nei kibbutz, da cui lo stato di Israele è nato. Anche ad Haifa, la “capitale” della convivenza tra arabi ed ebrei, lo spettro di Hamas, degli attacchi missilistici di Hezbollah e della paura si fa sentire. Sentimenti che non mancano nemmeno all’interno della comunità drusa del monte Carmelo, che ha pagato un tributo altissimo in termini di vite per aver difeso il progetto dello Stato di Israele.
Eppure, Israele continua ad andare avanti, ricercando una sorta di “normalità”. Anche lo sport – il ciclismo in primis, con la scuola per i ragazzi dedicata al “giusto” Gino Bartali, a cui è stata intitolata anche la partenza del Giro d’Italia del 2018 da Gerusalemme – contribuiscono a tenere viva la speranza. Pure le vittorie alle Olimpiadi degli atleti israeliani hanno aiutato a far sentire Israele rappresentato e visibile agli occhi del mondo. Quella di Smulevich è un’immersione nel profondo dello spirito di un popolo lacerato, ma determinato a resistere e a guardare al domani, nonostante tutto, con ottimismo.
Chi è l’autore
Adam Smulevich, giornalista professionista, è nato nel 1985 a Firenze. Lavora nella redazione dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ed è autore di vari saggi. Con Minerva ha pubblicato “A futura memoria. Storie di sport, lezioni di vita”, scritto insieme a Massimiliano Castellani.
© Riproduzione riservata