Cosa è successo davvero in Italia con il Covid? Si poteva agire diversamente? Gli acquisti sono stati ponderati? E i russi, quei 104 russi che hanno potuto fare “intelligence batteriologica” in Italia, chi li ha fatti entrare? Le domande, tante, rimangono in attesa di risposte. Urgenti. Perché le vittime sono state tante, ottantamila solo nel 2020, e le questioni aperte sulle procedure, sul metodo e sulle aggiudicazioni dei materiali sanitari ancora tutte squadernate. Il libro dell’allora ministro della Salute, Roberto Speranza, non contribuisce a far luce sui tanti misteri. Di cui per fortuna si occuperà la commissione parlamentare d’inchiesta, malgrado Speranza la epiteti come “Penosa. Mi fa pietà chi pretende di mettere in esame quello che è stato fatto”.

Non deve esserne dunque molto orgoglioso. “Perché guariremo, dai giorni più duri a una nuova idea di salute” è il pamphlet – tutto politico, anzi: elettorale – presentato ieri sera a Montecitorio in una cerimonia ovattata malgrado la conduzione, mai banale, di Lucia Annunziata. Giuseppe Conte e Roberto Speranza si sono alternati in una difesa d’ufficio del loro operato mentre alla segretaria dem Elly Schlein è toccato il compito di traguardare alle prossime elezioni una “alleanza dell’alternativa fatta dalla stessa coalizione che ha sostenuto il governo Conte II”. Si parte con una proiezione fantasmagorica di Conte: “Qui abbiamo le due forze che hanno sostenuto il governo più apprezzato dagli italiani”. Annunziata stessa è stupita e lo interrompe: “Ma allora perché quando si è andato a votare ha prevalso il centrodestra?”. Conte, tanto per cambiare, rovescia il quadro: “Questa obiezione avrebbe avuto senso se si fosse votato dopo il mio governo. Invece dopo c’è stato Draghi. E il voto del 2022 ha riguardato quell’assetto, che è stato contestato. Tanto che l’unica forza all’opposizione, FdI, ha vinto”.

Il crollo del Movimento 5 Stelle, che dal 2018 al 2022 ha visto dimezzare i suoi voti, gli deve essere sfuggito. Lucia Annunziata persevera: “Non si può fare il racconto di una esperienza che è stata tolta di mezzo, come se fossero state tutte rose e fiori. Non siete stati capaci di raccoglierne politicamente l’eredità”. In prima fila, seduti accanto, Dario Franceschini e Massimo D’Alema incrociano gli sguardi. Speranza, dal palco, guarda Pierluigi Bersani che soffoca un sorriso in una smorfia. Si tocca il tema dell’incapacità di prendere le redini del centrosinistra, il punto nodale. “Lei ricorderà che Italia Viva era in sofferenza nell’equilibrio del nostro governo. Nella fase iniziale del 2020 Renzi iniziò a fare dei chiari attacchi, poi lo tsunami della pandemia ha preso il sopravvento. Quando si è usciti dalla fase più critica, sono iniziate di nuovo…”. L’inconsistenza politica, il caos della gestione pandemica, l’inerzia dell’asse Pd-5S nella versione contiana finisce tutta riassunta nell’iniziativa di Italia Viva.

A un certo punto il leader del Movimento annaspa tanto da ricorrere a un aneddoto singolare: “Ricordo che c’era chi voleva inserire il Ponte sullo Stretto nel Pnrr”, butta lì Conte. Sul palco ci si guarda la punta delle scarpe. Perfino Roberto Speranza capisce che è meglio voltare pagina. Da quando è entrato in sala, una sorta di assise di Articolo 1 – presente al gran completo – guarda al punto di riferimento progressista con occhio disincantato. Gli rimprovera subito la scivolata su Trump. “Mi si rizzano i capelli in testa quando sento parlare di Trump. Io non avrei avuto dubbi, se mi avessero posto la domanda: voterei 20.000 volte per Biden”. Conte precisa: “Non ho detto che i due candidati presidenti sono uguali ma che chiunque vinca dovremo avere buone relazioni diplomatiche con il presidente americano”. Come se la cosa lo riguardasse, in qualche modo.

Annunziata guarda a Schlein con una tenerezza quasi protettiva. Le affida però la parte più difficile, la pars costruens: “Ci sono sicuramente delle ferite da ricucire- ragiona Schlein- se vogliamo dare il messaggio che l’alternativa c’è dobbiamo costruire delle convergenze sui temi. Sono molti i punti di convergenza che non disegnano un progetto improvvisato, ma una visione di futuro del Paese”. Dalle convergenze alle traiettorie di Conte. “In questo dialogo – osserva il presidente dei Cinquestelle – mi interessa la traiettoria su cui dobbiamo parlarci con un linguaggio di verità. L’alternativa va costruita in modo serio”. Le differenze restano. Conte le rimarca, replicando alla battuta di Speranza: “A me vengono i capelli dritti quando scopro un Pd bellicista”. E infatti il Pd sta convergendo sull’irenismo contiano, il leader M5S non avrà a lungo di che preoccuparsi. Ma rimane un mistero di come non si sia mai dato conto della postura atlantista del suo ministro della difesa, Lorenzo Guerini. Che non a caso non viene mai citato.

In prima fila, il dem Beppe Provenzano inizia a dare segni di insofferenza, mentre Enzo Amendola guadagna il fondo della sala per non essere visto.
Le parole di Conte hanno reso tesa l’atmosfera. Anche parlare di regionali non è semplice. Trovare un’intesa coi Cinquestelle? “The sooner the better”, (prima è meglio è), risponde Schlein, in inglese. E poi, tanto per continuare a farsi capire poco, ha aggiunto: “Possiamo concludere che quella del Covid non è stata solo una pandemia ma una sindemia”. Un’ecosistema di contesto sanitario avverso e condizioni sociali negative. “Nessun pregiudizio- puntella Conte- ci stiamo lavorando, ma dobbiamo trovare progetti condivisi, credibili. Il nostro obiettivo è fare queste verifiche”. Il centrodestra può dormire sonni tranquilli, con quei due all’opposizione l’assicurazione sulla vita dell’esecutivo Meloni è garantita.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.