Due “cantieri” che sommati diventano un solo grande “cantiere” di una maggioranza larga posizionata tra il centro e la sinistra e due leader di riferimento che sono Enrico Letta, segretario del Pd, e Giuseppe Conte, leader in pectore del Movimento 5 Stelle o come si chiamerà. Il destino vuole anche che siano entrambi due ex premier che nella loro vita politica hanno incontrato lungo la strada Matteo Renzi. L’obiettivo primo del nuovo grande cantiere Pd-M5s è costruire la campagna d’ottobre delle amministrative. Cioè prendere i sindaci delle cinque grandi città al voto, Torino, Milano, Bologna, Roma e Napoli. Il tutto dopo aver ridato, nei prossimi mesi, sostanza alla propria parte. Il Pd deve curare varie ferite. Il Movimento riparte quasi da zero.

In qualche modo oggi si può tirare una riga e vedere il risultato di tre mesi di battaglie nel Pd e nei 5 Stelle che hanno visto la caduta del Conte 2, l’uscita di scena dell’avvocato del popolo, l’arrivo di Draghi a palazzo Chigi, le dimissioni choc di Zingaretti e la sua sostituzione per acclamazione con il golden boy prelevato da Parigi con la missione di salvare il Pd. Due fatti consentono di tentare questo consuntivo. Ieri Letta ha incontrato Conte, è stata la prima volta e a sentire le rispettive dichiarazioni tra i due è scoppiato l’amore. Cioè “un’intesa profonda”. Il segretario dem ha parlato di “affascinanti avventure insieme”. Conte di “interlocuzione privilegiata con il Pd”. Toni e parole che disegnano orizzonti lontani da raggiungere insieme.

Nelle stesse ore si è chiusa la vicenda dei capigruppo-donne del Pd. Graziano Delrio (Camera) e Andrea Marcucci (Senato) lasciano la guida dei rispettivi gruppi dopo che il segretario Letta gli ha fatto pervenire lo sfratto domenica scorsa via intervista. Legittimo che il nuovo segretario voglia un partito a propria immagine e somiglianza e quindi i gruppi parlamentari che marciano uniti con la sua linea. Zingaretti non lo fece pur essendo arrivato al Nazareno sull’onda di quasi due milioni di voti alle primarie. Rispettò l’autonomia dei gruppi parlamentari pur essendo figli della stagione renziana. Meno legittimo il metodo usato, lo sfratto via intervista. E criticabile il movente: una questione di genere perché – è stata la motivazione del segretario – «è irricevibile in Europa l’immagine di un partito che al suo vertice ha solo uomini». Così, in qualche modo, gli uscenti – Delrio ha fatto subito un passo indietro, Marcucci dopo aver espresso amarezza e perplessità sulla coerenza della scelta – hanno indicato i loro successori: Debora Serrachiani alla Camera, il sottosegretario Simona Malpezzi al Senato. Due nomi che garantiscono continuità con le rispettive correnti di provenienza. Ma certo due figure non divisive e capaci di coltivare quell’unità, che non è unanimità, richiesta dal nuovo segretario.

Nelle stesse ore ieri mattina (11-12) Letta ha incontrato Conte. È stata la loro prima volta. Il luogo dell’incontro non è stato così neutrale come era stato detto, visto che il faccia a faccia è avvenuto nella sede di Arel, l’agenzia di Ricerche e Legislazione fondata da Nino Andreatta di cui Letta è stato allievo. Tra i temi affrontati la pandemia e la campagna vaccinale, il punto sulla situazione in Europa alla vigilia del Consiglio europeo. Un’agenda quasi da premier. I due hanno ragionato anche delle prossime elezioni amministrative che saranno, ha precisato Letta «un test cruciale per quella coalizione larga ed inclusiva che dovrà presentarsi alle prossime elezioni politiche del 2023». Conte ha aggiunto: «Da soli contiamo meno». Dunque insieme nelle città. A Roma Conte appoggerà Zingaretti o Raggi?

«Un primo faccia a faccia, molto positivo, tra due ex che si sono entrambi buttati, quasi in contemporanea, in nuove affascinanti avventure» ha twittato Letta. Ancora più preciso Conte all’uscita: «Si apre un cantiere dove prevarrà il dialogo e il confronto costante per soluzioni comuni per il paese». Insomma, un reciproco endorsement di grande slancio, complicità e fiducia. Di cui non c’era stata fin qui traccia. Tanto che ieri non pochi, soprattutto alla Camera al gran completo per via delle comunicazioni di Draghi prima del vertice europeo, si chiedevano i motivi dell’eclatante apertura di Letta a Conte e viceversa. I nostalgici del Conte 2 hanno potuto dire soddisfatti: «Perché si ricomincia esattamente dove Renzi ha voluto interrompere il Conte 2…». Nel Pd c’è molta più cautela: si va da «Letta che dà le carte e non più viceversa» al tema di «un’alleanza dove il Pd è forza di riferimento che guarda al centro e non più schiacciata a sinistra come ai tempi del Conte 2».

È veramente troppo presto per questi scenari. Di sicuro Letta ha necessità di “vincere” la sfida delle ammnistrative di ottobre per blindare se stesso fino al 2023. Per vincere quella sfida ha bisogno dei 5 Stelle compatti non solo in Parlamento ma soprattutto sui territori. Il segretario del Pd ha ancora bisogno dei 5 Stelle per contare nella scelta del Presidente della Repubblica. Ecco che dietro “le affascinanti avventure” ci sono al momento soprattutto interessi specifici per rafforzare la sua segreteria e lo stesso Pd. L’altro punto poco chiaro è che tipo di garanzie può dare Conte a Letta. «Si sono incontrati? Bene» osservava ieri un big 5 Stelle alla Camera. «Il problema è che Conte non è ancora nulla per noi. Finché non si sblocca lo stallo con Casaleggio sulla piattaforma Rousseau e finché non votiamo, Conte non può essere tecnicamente leader né portavoce né segretario. Non sappiamo neppure chi siamo noi…». E in queste parole c’è tutta la stranezza dell’enfasi e della fretta che ha accompagnato l’incontro di ieri.

Conte e Grillo stanno lavorando gomito a gomito sul nuovo progetto di cui nessun tra Camera e Senato sa nulla. E questo sta provocando qualche fastidio. I problemi legali con Casaleggio (chiede 450 mila euro) sono talmente intrecciati con i regolamenti e lo statuto del Movimento che lo stesso Conte ieri ha ammesso: «Conoscerete il futuro del Movimento e il progetto per rinnovarlo quando sarà completato. Posso dire che sarà un’operazione di grande rilancio». Conte sta valutando la rottura con Casaleggio portando la faccenda in tribunale. Uno scontro fratricida che Grillo cerca di evitare finché può. Ma non potrà tenere a lungo. Casaleggio, che ha le chiavi della piattaforma Rousseau, ha già pubblicato la sua offerta politica che si chiama Controvento. I gruppi parlamentari mandano avanti la loro proposta – Italia Più 2050 – condivisa anche da Grillo e Conte. Un modo anche per controbilanciare l’offerta di Casaleggio. I sondaggi dicono che sette grillini su dieci vogliono Conte leader. Ma i sondaggi non costruiscono un partito e tanto meno un leader. E allora, la domanda è: chi è e chi rappresenta il Conte con cui Letta promette “affascinanti avventure”?

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.