Mentre la Campania torna in zona gialla
Tra nordisti e sudisti anche sui vaccini si scatena la guerra
L’ultima esternazione della quale non sentivamo alcun bisogno è di Angelo Ciocca: «Un lombardo vale economicamente di più rispetto a un laziale», ha detto l’eurodeputato leghista in riferimento all’ipotesi che Milano e dintorni possa ricevere una quantità di dosi di vaccino anti-Covid inferiore rispetto a quella assegnata alla regione di Roma. Ed è proprio sulla distribuzione dei vaccini che si consuma il nuovo e pericoloso scontro tra nordisti e sudisti.
Già, perché anche il governatore Vincenzo De Luca reclama da giorni un numero di dosi adeguato alla popolazione della “sua” Campania, nel frattempo tornata in zona gialla. L’ha ribadito ieri pomeriggio, durante il consueto videomessaggio del venerdì, quando ha stigmatizzato la prima tranche da 135mila vaccini indicata per Napoli e dintorni. «Un cristiano normale si aspetta una distribuzione proporzionale rispetto alla popolazione, ma non è così», ha osservato il governatore dopo aver annunciato provvedimenti volti a impedire la mobilità tra piccoli comuni in vista delle imminenti festività natalizie.
È in atto una guerra tra opposti rivendicazionismi. Da una parte c’è quello becero e razzista di Coccia che reclama una quantità di dosi più consistente per quella Lombardia che «è il motore di tutto il Paese». Dall’altra c’è quello meno grossolano, ma forse ugualmente aspro, di De Luca che si dice «abituato» a ricevere fondi e strumentazioni insufficienti dal Governo. Che cosa c’è all’origine di questa “guerra di tutti contro tutti”, per dirla con Hobbes? Non solo quell’odio sedimentato e mai completamente placato tra Nord e Sud, ma anche l’incapacità del Governo e delle Regioni di definire un metodo di distribuzione dei vaccini univoco, condiviso e trasparente.
Manca poco più di una settimana al 27 dicembre, giorno in cui la campagna anti-Covid dovrebbe essere simbolicamente avviata in tutta Europa, ma ancora non si sa se le dosi di vaccino saranno disponibili in tutte le regioni o, almeno, in quale misura. Si poteva scongiurare questo caos? Certamente sì, anche perché le sedi istituzionali per centrare l’obiettivo non mancano. Basti pensare alla conferenza Stato-Regioni o a quel Parlamento che il governo Conte ha di fatto estromesso dall’adozione dei più importanti provvedimenti in materia di lotta al virus. E come si sarebbe dovuto svolgere il confronto sul metodo di distribuzione dei vaccini? In base a criteri il più possibile oggettivi e scientifici, dunque senza cedere al rancore (come nel caso di Coccia) o alla tentazione della demagogia (come nel caso di De Luca).
Fatto sta che gli opposti rivendicazionismi tra Nord e Sud non stanno facendo altro che amplificare le conseguenze di quella stessa incapacità di programmazione, organizzazione e gestione di cui sono figli. E ciò che più preoccupa è il fatto che questo marasma si verifichi alla vigilia di un appuntamento cruciale come l’avvio della campagna vaccinale contro il Covid. Il rischio per l’Italia è duplice: non solo quello di mettersi alle spalle la crisi sanitaria ed economica più lentamente rispetto agli Paesi d’Europa e del mondo, ma anche quello che il Nord e il Sud ripartano con velocità diverse. Perciò sarebbe il caso di accantonare rancori, rivendicazionismi e demagogia. Altrimenti la luce in fondo al tunnel tornerà ad allontanarsi.
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