18 arresti, la base a Niscemi
Traffico di migranti tra Sicilia e Tunisia, viaggi fino a 5mila euro: “Buttateli in mare in caso di avaria”
Se ci fossero stati problemi, come un’avaria dei motori, gli scafisti avrebbero dovuto sbarazzarsi dei Migranti in alto mare qualora necessario. È quanto emerge dalle intercettazioni telefoniche disposte dall’Autorità Giudiziaria in merito all’inchiesta ‘Mare aperto‘ della Procura di Caltanissetta, che ha portato la polizia ad eseguire nelle scorse ore 18 misure cautelari (12 in carcere e 6 agli arresti domiciliari) per associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Stando a quanto ricostruito nelle indagini, le imbarcazioni degli scafisti sarebbero partite dal porto di Gela o dalle coste dell’agrigentino per raggiungere la Tunisia e far immediato rientro con il ‘carico’ di Migranti. Coinvolti 11 tunisini e sette italiani.
I COSTI – Viaggi clandestini dal costo che oscillava tra i 3mila e i 5mila euro. Questo il prezzo pro-capite, pagato in contanti in Tunisia prima della partenza. Il presunto profitto dell’organizzazione criminale, quindi, si attesterebbe tra i 30mila e i 70mila euro per ogni viaggio. Stando alle ricostruzioni, il denaro raccolto in Tunisia sarebbe stato inviato in Italia, a Scicli in provincia di Ragusa, attraverso note agenzie internazionali, specializzate in servizi per il trasferimento di denaro, per essere successivamente versato su carte prepagate in uso ai promotori dell’associazione, i quali lo avrebbero reinvestito per aumentare i profitti dell’associazione, comprando, ad esempio, nuove imbarcazioni da utilizzare per le traversate.
LE CITTA’ – Le imbarcazioni sarebbero partite dal porto di Gela o dalle coste dell’agrigentino per raggiungere la Tunisia e far immediato rientro con il ‘carico‘ di Migranti. L’associazione per delinquere, con vari punti strategici dislocati in più centri siciliani – Scicli, Catania e Mazara del Vallo –, avrebbe impiegato piccole imbarcazioni, munite di potenti motori fuoribordo, condotte da esperti scafisti che avrebbero operato nel braccio di mare tra le città tunisine di Al Haouaria, Dar Allouche e Korba e le province di Caltanissetta, Trapani e Agrigento, così da raggiungere le coste italiane in meno di 4 ore, trasportando dalle 10 alle 30 persone per volta, esponendole a grave pericolo per la vita.
Le indagini hanno avuto inizio il 21 febbraio 2019 quando all’imbocco del porto di Gela si è incagliata una barca in vetroresina di 10 metri con due motori da 200 cavalli, segnalata da un pescatore del luogo. Gli accertamenti condotti dagli investigatori della squadra mobile hanno permesso di appurare che l’imbarcazione era stata rubata a Catania pochi giorni prima e che erano sbarcate decine di persone presumibilmente di origini nord africane. Le prime attività investigative, frutto della capillare conoscenza del territorio degli uomini della polizia di Stato, hanno permesso di risalire ad una coppia di origini tunisine che favoriva l’ingresso irregolare sul territorio italiano, principalmente di cittadini nord africani.
LE ACCUSE – A carico degli indagati, 11 di nazionalità tunisina e 7 italiana, secondo la ricostruzione fatta dalla Procura della Repubblica nissena e vagliata dal Gip, sussistono gravi indizi di partecipazione a un’organizzazione criminale dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina; reato aggravato dal fatto che l’associazione era composta da più di dieci persone; era finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di più di 5 persone; aveva carattere transnazionale in quanto operativa in più stati. È stata altresì contestata la circostanza aggravante di aver esposto a serio pericolo di vita i Migranti da loro trasportati; di aver sottoposto a trattamento inumano e degradante i Migranti e di aver commesso i reati per trarne un profitto.
Tutte le aggravanti sono state ritenute sussistenti dal Gip. La presunta organizzazione criminale sarebbe stata promossa da un uomo e una donna tunisini, entrambi, già all’epoca dei fatti, sottoposti agli arresti domiciliari per analoghi reati – per i quali hanno riportato condanna ritenuta definitiva nel corso delle indagini –, che gestivano l’attività di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina da una casa sita in territorio di Niscemi.
Le indagini hanno permesso inoltre di individuare un altro soggetto di Niscemi che avrebbe avuto il ruolo di capo, due tunisini con base operativa a Scicli che avrebbero avuto il compito di gestire le casse dell’associazione per delinquere, 5 italiani che avrebbero curato gli aspetti logistici, come l’ospitalità subito dopo lo sbarco sulle coste siciliane ed il trasferimento degli scafisti dalla stazione dei pullman alla base operativa, 4 scafisti (un italiano e 3 tunisini) e 4 tunisini che avrebbero avuto il ruolo di ‘connection man‘ con il compito, in madre patria, di raccogliere il denaro dei Migranti che volevano raggiungere l’Europa.
LA MASSERIA – La base operativa della presunta associazione per delinquere è stata individuata alla periferia della città di Niscemi, all’interno di una vecchia masseria, dove insiste anche un campo volo privato, il cui proprietario, un imprenditore agricolo niscemese, è oggi indagato e destinatario della misura cautelare in carcere perché ritenuto tra i capi del sodalizio criminale. Qui, dimora della coppia tunisina, sarebbero stati altresì ospitati gli scafisti di spola provenienti dalla Tunisia e sarebbero stati trasportati – a mezzo di speciali autocarri – le imbarcazioni da impiegare per le traversate dalle coste nord africane a quelle siciliane.
ASSUNZIONI FITTIZIE – Il proprietario della masseria si sarebbe messo a disposizione della presunta organizzazione criminale anche attraverso l’assunzione fittizia di alcuni sodali stranieri, al fine di legittimarne la permanenza o l’ingresso nel territorio italiano. Anche uno dei due promotori tunisini sarebbe stato impiegato come bracciante agricolo con lo scopo di eludere la misura degli arresti domiciliari ed ottenere la concessione di appositi permessi che potessero consentirgli ampi margini di manovra per organizzare liberamente i viaggi dei connazionali. In più occasioni sarebbe stato proprio lo stesso imprenditore niscemese a recarsi in Tunisia come portavoce del promotore tunisino, prendendo accordi con gli accoliti del luogo al fine di pianificare le fasi della traversata e le modalità di spartizione dei proventi, nonché per mettersi a disposizione offrendo fittizi contratti di lavoro ai Migranti giunti in Italia.
Nel corso dell’indagine è stato possibile ricostruire la presunta organizzazione di più viaggi organizzati dalla Tunisia alle coste italiane. Il 26 luglio 2020, in uno dei viaggi pianificati dagli indagati, un’imbarcazione sarebbe partita dal Porto di Licata in direzione delle coste tunisine proprio al fine di prelevare il carico di esseri umani per condurli in Italia. Solo l’avaria di entrambi i motori non ha permesso la conclusione del viaggio; pertanto il natante rimasto alla deriva “mare aperto”, da qui il nome dell’odierna operazione. Grazie alla stretta collaborazione della Capitaneria di Porto di Porto Empedocle e del Reparto Operativo Aeronavale della Guardia di Finanza di Mazara del Vallo, è stato possibile individuare l’imbarcazione durante le fasi di rientro dalle coste tunisine, identificando così gli scafisti facenti parte dell’organizzazione criminale. In particolar modo il natante è stato rintracciato di fronte le coste del comune di Mazara del Vallo.
Le fasi dell’organizzazione del traffico di Migranti, come detto, sono state oggetto di attività di intercettazioni telefoniche disposte dall’Autorità giudiziaria. L’attività ha permesso di far emergere la determinazione, da parte degli scafisti, di sbarazzarsi dei Migranti in alto mare qualora necessario, ovvero in caso di avaria dei motori.
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