Il suo difensore, Marcello Perillo, ha descritto Gabriele Tadini, caposervizio della funivia del Mottarone come un uomo distrutto: “Sono quattro giorni che non mangia e non dorme”. Dopo tre ore di interrogatorio nel carcere di Verbania era provato e addolorato per quanto accaduto. “Non sono un delinquente. Non avrei mai fatto salire persone se avessi pensato che la fune si spezzasse”, ha detto. Poi è stata la volta degli altri due ritenuti a vario titolo responsabili del disastro. Il direttore di esercizio Enrico Perocchio ha negato di essere a conoscenza della decisione di Tadini: “Non sapevo del blocco dei freni, non ne ero consapevole”. Anche Luigi Nerini, proprietario di Ferrovie del Mottarone, scarica le responsabilità sugli altri indagati: “La sicurezza non è affare dell’esercente”, ha risposto alla giudice.

Ha ammesso davanti al gip Donatella Banci Buonamici di aver messo il ceppo blocca freno, e di averlo fatto altre volte. Ha spiegato che le anomalie manifestate dall’impianto non erano collegabili alla fune ed ha escluso collegamenti tra i problemi ai freni e quelli alla fune.

La difesa del Caposervizio: “Non sono un delinquente”

Spiega il legale che l’uomo “ha risposto in maniera compiuta a diverse domande del giudice, è stato un interrogatorio profondo. Ha confermato le sue responsabilità, ha difeso la sua posizione e ha ammesso di aver messo il forchettone sulla cabina numero 3”.

“Porterò il peso per tutta la vita, sono distrutto perchè sono morte vittime innocenti”, ha detto Tadini. Secondo il legale di Gabriele Tadini, Marcello Perillo, il reato di falso contestato al caposervizio della funivia del Mottarone non può esserci perché “il falso è per un pubblico ufficiale e non per tutti gli altri e lui non lo è“.

La difesa di Gabriele Tadini, ha chiesto al gip, al termine dell’interrogatorio, la misura degli arresti domiciliari, non la libertà. Il suo legale ha chiarito di non aver chiesto al giudice che non venga applicata una misura cautelare. Per contenere le esigenze cautelari, per la difesa, bastano i domiciliari.

La difesa del direttore: “Fu una scelta scellerata di Tadini”

Oltre a Tadini in carcere ci sono il titolare della Ferrovie del Mottarone, Luigi Nerini, e il direttore d’esercizio Enrico Perocchio. Secondo i magistrati i fermati non hanno avuto un “atteggiamento resipiscente”, non si sono presentati subito ai magistrati per assumersi “le proprie responsabilità” nonostante domenica mattina siano accorsi sul luogo del disastro della funivia del Mottarone e con i propri occhi “hanno potuto vedere i corpi delle vittime straziati, giacenti a terra, sbalzati fuori dalla cabina o incastrati dento la stessa”.

Per il procuratore Olimpia Bossi e il pm Laura Carrara (presenti agli interrogatori), che hanno chiesto per tutti la convalida del fermo e di custodia in carcere, la scelta di Tadini, come da lui stesso chiarito, sarebbe stata avallata per motivi economici dal gestore Luigi Nerini (avvocato Pasquale Pantano) e dal direttore di esercizio Enrico Perocchi (legale Andrea Da Prato), interrogati subito dopo. I due potrebbero negare di aver saputo dell’uso dei forchettoni. Poi, sarà il gip a dover decidere sulla convalida e sull’eventuale misura cautelare.

“Non sapevo dell’uso dei forchettoni, non ne ero consapevole”: ha detto al gip del tribunale di Verbania il direttore di esercizio della funivia del Mottarone, Enrico Perocchio, secondo quanto riferito dal suo legale, avvocato Andrea Da Prato. L’uomo ha dunque negato quanto sostenuto da Tadini, interrogato in precedenza, e cioè che fosse al corrente dell’uso dei forchettoni per bloccare il freno di emergenza che entrava in funzione a causa delle anomalie dell’impianto: “Non salirei mai su una funivia con ganasce, quella di usare i forchettoni è stata una scelta scellerata di Tadini”. Secondo il suo avvocato “è chiaro che se la funivia del Mottarone chiude per manutenzione l’ingegnere Perocchio non perde denaro ma dorme su otto cuscini”. Il legale ha spiegato che il suo assistito è “incredulo e inebetito” e che per lui ha chiesto la libertà.

L’avvocato Da Prato sostiene che ci sono dichiarazioni agli atti “che sconfessano e negano che Tadini abbia mai riferito di questa decisione”, riferendosi a una testimonianza di un tecnico esterno dell’impianto. Il legale ricorda che una volta informato dal caposervizio Tadini dell’incidente della cabina 3 ha provveduto a inviare una mail alla procura di Verbania per essere ascoltato, invece è scattato il fermo senza interrogatorio. Una mail che però è stata spedita solo martedì, due giorni dopo la tragedia.

La difesa del gestore della funivia: “La sicurezza non è affare dell’esercente”

“La sicurezza non è affare dell’esercente”, ha detto al gip di Verbania Luigi Nerini, il gestore della funivia del Mottarone, secondo quanto riferito dal suo legale, Pasquale Pantano. “Per legge erano Tadini e Perocchi a doversene occupare”, ha aggiunto. Nerini ha spiegato che lui si deve occupare degli “affari della società” e che “non aveva nessun interesse a non riparare la funivia”. Al Gip Nerini ha detto: “Non potevo fermare io l’impianto”. E il suo legale ha ribadito: “Smettetela di dire che ha risparmiato sulla sicurezza”.

Domani, nella giornata di lutto regionale in Piemonte, bandiere a mezz’asta anche a Palazzo di Città e negli uffici comunali del capoluogo piemontese per le vittime della tragedia del Mottarone e in segno di vicinanza alle loro famiglie e alla comunità stresana.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.