Assolti, assolti. Ora è proprio finita. L’accusa contro tre ufficiali dei carabinieri e contro Marcello Dell’Utri, sostenuta per anni da stampa, televisioni, Cinque Stelle e da alcuni Pm di Palermo, e cioè l’accusa di aver trattato con la mafia, all’indomani dell’uccisione di Paolo Borsellino, accusa sulla quale molti giornalisti e magistrati hanno costruito successo e carriere, si è sgonfiata ed è caduta a terra con fragore. Carriere e successi restano intatti: ma l’accusa è morta.

I giudici della Cassazione hanno stabilito, senza l’ombra di un dubbio, che questa trattativa non c’è mai stata e gli imputati sono stati assolti perché il fatto non sussiste. Non sussiste: capite?
E quei chilometri di carta di giornale, e quelle ore e ore di trasmissioni televisive, e quelle testimonianze farlocche, e quelle fiction, e quelle trasmissioni della Tv di Stato tutte colpevoliste, tutte certe del reato, tutte saccenti fino all’inverosimile, beh tutto questo era solo carta straccia, invenzione, robaccia. Mori e Subranni e De Donno (carabinieri valorosi perseguitati dalla magistratura) e Dell’Utri (ex senatore perseguitato dalla magistratura) erano stati già assolti in secondo grado, nonostante la potenza della Procura generale di Palermo, diretta dal senatore Scarpinato, che aveva scongiurato la Corte di condannarli.

La Corte d’Appello aveva allargato le braccia: non c’è niente – aveva detto – che possa provare che gli imputati abbiano commesso un reato. E proprio su questa formulazione dell’assoluzione, Travaglio e i suoi avevano tentato di costruire una controffensiva: “Sì, non era reato – dicevano – sono stati assolti ma la trattativa c’è stata”. Bene, anche questa controffensiva è fallita. La Cassazione solennemente ha dichiarato che la trattativa non c’è mai stata, e che anni di indagini contro i carabinieri e Dell’Utri sono stati anni sprecati e sconclusionati. Io dico qualcosa di più: sono stati anni usati per sviare le indagini. La bufala della trattativa Stato-mafia non solo ha irrimediabilmente sporcato il prestigio della magistratura palermitana di quegli anni foschi, ma è stata un vero e proprio e clamoroso depistaggio. Come e insieme al depistaggio-Scarantino, il pentito di mafia che – su pressione di uomini dello Stato – bloccò le indagini sull’uccisione di Paolo Borsellino consegnando ai magistrati che gli credettero i nomi di falsi colpevoli e la descrizione di falsi moventi.

Ormai è abbastanza evidente quale fu il movente per il quale fu ucciso Borsellino: lui voleva indagare sul dossier Mafia-Appalti, preparato proprio dall’allora colonnello Mori, e che metteva allo scoperto i rapporti di Cosa Nostra con settori prestigiosi dell’imprenditoria del Nord Italia. Quel dossier non fu mai consegnato a Borsellino e i Pm che lo avevano in mano, pochi giorni dopo la morte di Borsellino, ne chiesero e ottennero l’archiviazione. Così, le indagini furono bloccate e ormai sono impossibili. E per seppellirle definitivamente è nato il ballon d’essai della trattativa stato mafia, che è stata sostenuta da amplissimi settori della stampa, e cioè quelli tradizionalmente subalterni alle Procure. E che ha messo sotto accusa gli uomini che avevano davvero combattuto la mafia, che avevano catturato Riina, e che avevano costruito il più importante dossier antimafia degli ultimi 40 anni.

Il processo Stato Mafia è il processo all’uomo che osò catturare Riina. E mentre si svolgeva quel processo nessuno mosse un dito, nella magistratura palermitana, per catturare Messina Denaro. Enzo Tortora chiese la parola a conclusione del processo d’appello contro di lui. E pronunciò una frase fantastica. Disse: “Signori giudici, io sono innocente. Spero che lo siate anche voi”. Quei giudici erano innocenti e lo assolsero. Oggi torna in mente quella frase. Mori, Subranni, De Donno e Dell’Utri sono innocenti. Non so se lo sono anche i Pm che li hanno perseguitati.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.