La sentenza arriverà il 27 aprile: sull’esistenza o meno della trattativa Stato-mafia la Cassazione ha ascoltato la requisitoria del Pg e poi, uno a uno, i difensori. E si è presa due settimane per trarre le sue conclusioni.

I Supremi giudici sono chiamati a decidere sul ricorso presentato dalla Procura generale di Palermo dopo la sentenza del 23 settembre 2021 che ha assolto la gran parte degli imputati condannati in primo grado. In particolare, i giudici di appello di Palermo avevano fatto cadere le accuse per lo stesso Mori, per l’ex senatore Marcello Dell’Utri, per il generale Antonio Subranni e l’ufficiale dei carabinieri Giuseppe De Donno, questi ultimi due ex ufficiali Ros assieme a Mori.

In appello fu ridotta a 27 anni la pena per il boss Leoluca Bagarella confermata quella a 12 anni per il medico Antonino Cinà, ritenuto il medico di Totò Riina. Nell’apertura della prima giornata del procedimento definitivo sulla fantomatica trattativa Stato-Mafia, i sostituti procuratori generali della Cassazione, Pietro Molino e Tomaso Epidendio con l’avvocato generale Pasquale Fimiani hanno chiesto l’annullamento con rinvio a un nuovo processo d’appello per Mori, per Subranni e De Donno, gli ex Ros.

Ha invece chiesto la conferma dell’assoluzione per Dell’Utri. E già dalle richieste della Procura generale della Cassazione si era intuito il carattere interlocutorio dell’udienza di ieri, culminata con il rimando a fine mese. Una presa di tempo interpretabile anche come segnale di credito, di apertura, almeno non di chiusura pregiudiziale da parte degli Ermellini.

«È a nostro avviso necessario annullare la sentenza con rinvio», aveva detto nella sua relazione il Pg, secondo il quale almeno una parte delle prove a supporto della sentenza del 2021 “è desunta indiziariamente” e non dimostra le accuse “oltre ogni ragionevole dubbio”. In particolare, si chiede “l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alla minaccia nei confronti dei governi Amato e Ciampi”, perché, viene spiegato nella requisitoria, la sentenza sviluppa la trattativa negli anni ma non fa una precisa ricostruzione della minaccia e di come sia stata rivolta al governo e lo fa solo in modo “congetturale”.

«All’esigenza di certezza processuale, la sentenza fornisce una risposta non conforme al diritto e difettosa sul piano motivazionale», prosegue l’accusa. Inoltre, il “percorso logico seguito dalla Corte si nutre di alcuni elementi viziati” e secondo la procura generale della Cassazione, «non può non convenirsi con la difesa, sul fatto che la sentenza si affi di a una serie elementi carenti dei requisiti di gravità e precisione».

I legali hanno svolto le loro arringhe con dovizia: il professor Padovani ha preso la parola per un’ora, rappresentando le ragioni di Dell’Utri. Ed è stata poi la volta del cassazionista palermitano Basilio Milio, difensore del generale Mori. Quest’ultimo aveva premesso, entrando in aula, di avere uno “stato d’animo buono”, ma di “non aspettarsi nulla”. Durante le nove ore di udienza, fuori dal Palazzaccio il sit-in delle associazioni “Our Voice” e “Attivamente” ha esposto lo striscione “Trattativa Stato-mafia, si condannino le responsabilità istituzionali”.

Ormai, come allo stadio, in piazza Cavour prendono posto le tifoserie. Peccato che sugli striscioni appesi abbia iniziato a piovere, a tratti copiosamente. Per fine aprile è previsto il sereno. Il tempo è galantuomo.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.