La scomparsa di Papa Francesco e le esequie solenni di sabato renderanno Roma nuovamente il centro del mondo. Un mondo nuovo, estremamente diverso da quello che ha omaggiato nel 2005 Giovanni Paolo II, ma sempre intrecciato nell’eterno e indissolubile abbraccio tra Caput Mundi e Cristianità. Per quanto nella storia tante città, da Costantinopoli a Mosca, abbiano voluto intendersi e immaginarsi come la nuova Roma, l’unicità della città dei sette colli non potrà mai essere scalfita da alcuna insidia, tanto sul piano simbolico, quanto su quello religioso.

L’occasione per un colloquio

La Roma che accoglierà le delegazioni di mezzo mondo e dignitari è la Roma simbolo dell’Italia che si appresta ad essere sempre di più il ponte nel cuore dell’Occidente “cristiano” – con buona pace di Moscovici e compagnia laicista al seguito – tra Europa e Stati Uniti, tra il vecchio mondo e la nuova America trumpiana. Pur nella drammaticità del momento, i funerali del Sommo Pontefice, assumono un duplice veste portando a Roma i grandi della terra. Ed in questo si inserisce la possibilità per la diplomazia italiana cui è affidato tutto ciò che si svolge al di fuori del perimetro del colonnato, di provare a cogliere l’occasione, approfittando anche degli animi calmierati dal contesto, per portare al tavolo per un colloquio informale Donald Trump e l’Unione Europea.

Appaiono infatti improbabili alcune ipotesi avanzate quest’oggi di una diplomazia europea in moto per incantare Trump quasi dribblando il ruolo di Meloni, cosa che oltre a rappresentare un autentico sgarbo istituzionale, è reso complesso dall’attuale atteggiamento dell’amministrazione americana nei confronti delle istituzioni comunitarie, menzionate come tali unicamente nell’elenco dei dazi e mai ritenute in altri contesti come un interlocutore degli Stati Uniti. Esempio ne è stato il trattamento riservato a Washington all’Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri Kaja Kallas, non ricevuta dal Segretario di Stato Marco Rubio. Quindi per quanto questa ipotesi possa solleticare chi non vede di buon occhio – sbagliando da italiano – il ruolo centrale di Meloni, al momento è pura fantascienza, anche per un banalissimo rispetto istituzionale, al di là del ruolo di “nostro principale alleato”, così definito da Trump pochi giorni fa a Washington.

L’occasione di Giorgia

Giorgia Meloni dunque avrà l’occasione per tessere una prima fondamentale tela, giocando anche sulla chiave dell’informalità, per compiere già un primo passo nelle relazioni tra Unione Europea e Stati Uniti, prima del G7 e quindi programmare anche il vertice di Roma, quello ufficiale e si spera anche risolutivo. Del resto la storia ci insegna che nei colloqui informali, fuori da rigidità imposte da etichetta e postura istituzionale, si sono gettate le fondamenta di relazioni stabili e durature. La stessa Meloni potrà cogliere l’occasione per dichiarare nel conteso di una Roma proiettata verso Piazza San Pietro per rinforzare il suo concetto di unità dell’Occidente inteso come “civiltà” e che oggi più che mai è chiamato a compire un passo si unità dinanzi alle sfide di oggi.

Il nodo che lega Stati Uniti e Europa

Per questo il nodo che lega da ottant’anni Stati Uniti e Europa non può essere reciso, non può essere allenato e più che ma deve essere rinforzato e rivestito di maggiore responsabilità in un contesto di rinnovata instabilità, e in un mondo che si prepara ad un confronto tra potenze, di varie forza e natura, ma pur sempre animate da una rigenerata “volontà di potenza”. Ancora una volta il vento del destino passa per Roma, la Roma del Papa orfana di Francesco e in attesa del nuovo Pontefice, la Roma di Giorgia Meloni ormai decisa ad uscire dal guscio in cui per oltre quattordici anni è stata rinchiusa, con l’ambizione di andare ben oltre le attese e le aspettative del passato. Il Conclave stabilirà il futuro della Chiesa di Cristo, il prossimo fine settimana forse se non il futuro perlomeno il presente dell’Occidente.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante - per ragioni anagrafiche - di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù - non per vizio - di sigari, ho solo un mito John Wayne.