Essere mercato
Trump cerca un’Europa divisa: l’Unione sia attore e non mercato

Con il “Liberation Day”, Donald Trump ha riscritto in una sola mossa non solo la linea economica della sua amministrazione, ma anche la geografia dei rapporti internazionali. Non è solo protezionismo: The Donald prova a ridisegnare le sfere di influenza del mondo secondo una logica ferocemente unilaterale. E – diciamo la verità – il suo piano sarà pure dilettantesco, magari fallirà, come sostengono diversi economisti e osservatori, ma intanto è di una chiarezza brutale. Con una lista dei cattivi alla cui testa c’è la Cina, vero competitor globale degli Usa. Ma con l’Unione Europea, in quanto tale, che segue a ruota, sul tabellone dei reprobi, classificata non per come noi europei masochisticamente ci percepiamo (un assemblaggio mal riuscito di popoli diversi), ma per quello che siamo nella realtà: una sola entità, un unico blocco commerciale reo di aver approfittato per decenni del mercato americano, senza offrire pari accesso alle imprese USA.
Trump cerca un’Europa divisa
Ora, nessuno è in grado di dire quale sarà l’esito dell’offensiva di Trump, ma è certo che mai come in questo momento, del tutto inedito, critici apocalittici e tifosi pregiudiziali dovrebbero restarsene a casa. Ora è solo il momento di prendere atto della sfida e agire. Sapendo che l’unica possibilità per l’Europa è rispondere come un soggetto politico e non come una sommatoria di economie nazionali. Qualunque reazione frammentata sarebbe un errore, perché offrirebbe a Trump esattamente ciò che cerca: un’Europa divisa, con tanti piccoli mendicanti che si accalcano nel giardino della Casa Bianca per ottenere esenzioni, sconti, piccoli vantaggi bilaterali.
Un attacco a tutti
Ma soprattutto un’Europa divisa negherebbe l’assoluta evidenza delle sue interdipendenze. Non c’è nulla di più integrato dell’economia europea. Se solo facciamo l’esempio dell’automotive, uno dei settori-cardine dello scontro commerciale in atto (ma potremmo farne tanti), tutti sanno che le grandi case tedesche o scandinave si affidano a fornitori di semiconduttori con sedi nei Paesi Bassi, a produttori italiani di sensori e componentistica, a sistemi di gestione di batterie sviluppati in Slovacchia e Ungheria, ad aziende tech dell’Estonia specializzate in software e interfacce per la guida assistita. Ecco perché l’offensiva di Trump è un attacco a tutti. E la risposta può essere solo collettiva, o non sarà.
Essere mercato
Poi c’è un piano politico anche più profondo. Se l’Europa si limita a difendere le sue merci, potrà forse riuscirci, ma resterà un “mercato”. Se vuole contare nel mondo che sta prendendo forma, deve muoversi come un “attore”. Essere mercato significa offrire spazi commerciali, attrarre investimenti, applicare regole condivise. Essere attore, invece, significa prendere posizione, definire priorità, difendere interessi strategici. Andando – da subito ma sulla base di una solida visione – in cerca di nuovi mercati da conquistare. Questo è il compito politico e strategico che oggi spetta a coloro che governano il Vecchio Continente.
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