Kamala entra in scena tronfia e sicura, si avvicina a Donald petto in fuori e, voce ferma e decisa, scandisce il proprio nome e cognome, per affermare la propria personalità e autorevolezza, “io sono io”. Trump, in netto contrasto, bofonchia a bocca chiusa qualche parola che non arriva né al pubblico né all’avversaria. Così si segnala subito la differenza tra i due: Harris vuole imporre con forza la sua figura; Trump sembra in attesa, sottotono, meno combattivo del solito. E così il dibattito per la corsa alla Casa Bianca richiama l’attenzione non tanto ai contenuti, quanto alla narrazione.
Riporta la mia mente a un ricordo di gioventù, quando nello staff di un politico “di razza”, a cavallo del nuovo millennio, lui, dopo una lunga giornata di comizi, mi chiese un’analisi dei propri discorsi. E da quel giorno mi sono concentrata non solo “sul cosa” ma anche “sul come” comunicare, e quindi via gessato e sigaro, ma ahimè non l’anello di fidanzamento col brillante. Perché se le parole sono importanti, altrettanto lo è la postura, il tono di voce e il linguaggio del corpo. Tra Harris e Trump il verbo ha giocato un ruolo centrale, ma è stata la comunicazione non verbale a rafforzare la narrazione. Trump, contrariamente al passato, ha avuto un atteggiamento passive aggressive, rafforzato da espressioni facciali tese o sarcastiche.
Harris si è presentata con un atteggiamento aperto e ricettivo, con quel sorriso, a volte eccessivo ma empatico, che la caratterizza: postura composta e rilassata, ma forte e sicura, sguardo diretto verso la telecamera o al suo avversario, a voler rimarcare il controllo della situazione, quasi a dire “non ho paura di fare il Presidente, non devo superare alcun esame”. Da qui una comunicazione, fresca, immediata. Quella di una leader pronta all’ascolto ma anche risoluta nei confronti di problemi e decisioni da prendere. Trump invece è più difensivo e moderato del solito, come la sua pettinatura visibilmente meno vistosa, come se, non conoscendo la propria avversaria, giocasse di rimessa. Bocca serrata, occhi affilati come sul piede di guerra, sembra in attesa di capire come azzannare la propria preda, ma senza che ciò avvenga. Poi come su talune questioni le parti si invertano. Se Kamala dichiara di possedere una pistola, Trump (pistolero) diventa animalista, come ai tempi di Dudù o del cagnetto di Mario Monti. Ma, a giochi fatti, arriva in aiuto Taylor Swift con il suo gattino.