L’interessante, lucido, colto e ben argomentato editoriale di Claudio Velardi del 18 marzo si chiude con la sottolineatura della prevenzione contro Trump diffusa in Italia e non solo. Da molto tempo, sin dalla sua candidatura del 2016 per il suo primo mandato presidenziale, rifletto cercando di adottare anche la chiave della psicologia politica per meglio comprendere la figura di Donald. Le performance della prima fase di questa seconda presidenza mi hanno aiutato a individuare una possibile chiave: il repubblicano mi sembra essenzialmente un “picconatore”. Per analogia, almeno per qualche aspetto, ricorda un altro famoso picconatore che abbiamo avuto in Italia come Francesco Cossiga. Un Presidente della Repubblica che dopo 5 anni di sostanziale silenzio si scatenò a “picconare” il sistema politico.

Le analogie tra Trump e Cossiga si fermano però qui. Anche se qualcuno ha accennato al fatto che Donald possa essere ciclotimico, mentre eravamo certi della ciclotimia del Presidente sassarese. Cossiga, infatti, aveva capito che il sistema politico in atto non poteva più reggere e aveva imbracciato il piccone per provare a picconarlo per farne nascere uno nuovo, sperando fosse migliore. Però non faceva danni sulla scena internazionale e, anzi, indubitabili erano i suoi atlantismo ed europeismo. Tra le “picconate” di Trump ce ne sono alcune che sono benvenute e giuste, così come lo è quella al pensiero woke e al politically correct. Su altre ci sono, invece, non poche perplessità. Forse il presidente Usa sta cercando di picconare l’Unione europea preferendo dialogare con singoli Stati. Certamente si trova meglio nel dialogo diretto con gli autocrati, con i dittatori, piuttosto che con i leader democratici. Il piccone essenziale che Trump utilizza è la penna, firmando a un ritmo intenso ordini esecutivi. Forse in questo modo rischia di picconare un fondamento essenziale della democrazia americana come è quello del ruolo del Congresso. Rischiando così di intaccare quel delicato e cruciale sistema di check and balances – su cui si è sempre retta la democrazia degli Stati Uniti – con il suo piccone.

C’è poi un altro aspetto. A differenza di Cossiga, che era un professore di diritto costituzionale, Trump è un dealer un po’ come se stesse sempre impegnato in business, negoziazioni e trattative. Quella che era la parte più importante della sua attività di grande immobiliarista. Ora, però, le proprietà su cui punta sembrano essere ben più grandi e cruciali, come ad esempio la Groenlandia e il Canale di Panama, o le terre rare dell’Ucraina. Ed è con questo spirito di dealer che si approccia anche sulla questione della guerra russo-ucraina e verso il rapporto con l’Unione europea.

Trump poi è un dealer a muso duro sempre con l’espressione seria, mentre Cossiga imbracciava il piccone accompagnandolo con le armi della cultura, del sorriso e dell’ironia. Ora non resta che vedere per un verso come evolve il negoziato con la Russia, per l’altro come si muoverà il piccone di Donald – che a volte si scatena e a volte si ritira – nella guerra dei dazi.

Luigi Trivelli

Autore