Concentrandosi sull’hardware e ignorando il software, Trump rischia di perdere la stessa guerra commerciale già persa in passato, invece di anticipare la prossima: quella che si gioca sulle tecnologie emergenti (dove il software è cruciale). E la geografia degli impatti dell’intelligenza artificiale generativa sui lavoratori – molto diversa rispetto a quella delle tecnologie precedenti – ce lo conferma. Lo rivela un rapporto della Brookings Institution – centro di ricerca senza scopo di lucro con sede a Washington – che esamina i possibili modelli di coinvolgimento dell’IA nel mercato del lavoro.

Nella gran parte dei casi, vale il principio secondo cui maggiore è il livello di istruzione o la retribuzione di una professione, maggiore sarà la sua probabile “esposizione” (positiva o negativa) agli strumenti di intelligenza artificiale generativa. Questo perché l’IAG è particolarmente adatta alle attività cognitive del lavoro d’ufficio, come quelle di programmatori, scrittori, analisti finanziari, ingegneri e avvocati. Mette a rischio le attività “di routine”, per esempio, del servizio clienti e del lavoro d’ufficio, ma non è ancora attrezzata per gestire il lavoro manuale nell’industria manifatturiera, nei mestieri specializzati, nell’edilizia e in molti settori dei servizi con presenza fisica.

Brookings ha dimostrato come l’IA generativa abbia ribaltato il paradigma delle precedenti tecnologie digitali o di automazione che – con la loro capacità di sostituire il lavoro manuale o fisico ripetitivo – tendevano a incidere maggiormente sui lavori manuali meno qualificati, soprattutto nelle comunità di piccole città meno istruite – negli Usa, ad esempio, nel Sud e nel Midwest industriale. Così, mentre Donald Trump è ossessionato dal commercio di beni fisici e impone dazi a quelli che lui chiama “foreign scavengers” (spazzini stranieri), che osano esportare negli Stati Uniti, dovrebbe riflettere molto di più su come l’intelligenza artificiale influenzerà l’economia nazionale e lo scambio globale di servizi. In questo senso la geografia urbana dell’IA è in contrasto con quella delle precedenti tecnologie di automazione, come i sistemi aziendali digitali e la robotica.

Mentre programmatori, avvocati, analisti finanziari e burocrati in città come San Jose, San Francisco, Durham, New York e Washington DC potrebbero dover ripensare il proprio futuro, i lavoratori impiegati in altri settori, in città come Las Vegas, Toledo, Ohio e Fort Wayne, Indiana sarebbero quelli meno esposti alla disruption dell’IA. Ma il quadro è più complicato di quanto suggeriscono i dati grezzi. Per farcelo capire, sul Financial Times, i ricercatori fanno l’esempio dei traduttori, una delle professioni più esposte all’automazione basata sull’intelligenza artificiale in seguito della diffusione di strumenti come Google Translate.

Un recente studio dell’Università di Oxford, per esempio, ha rilevato che per ogni punto percentuale di aumento, nell’utilizzo della traduzione automatica in 695 mercati del lavoro locali negli Stati Uniti, la crescita dell’occupazione nel settore della traduzione è diminuita di circa 0,7 punti percentuali. Questo ha comportato una perdita stimata di 28.000 nuovi posti di lavoro per traduttori che, altrimenti, avrebbero potuto essere creati tra il 2010 e il 2023.

Sebbene sia una cattiva notizia per chiunque voglia diventare un traduttore, l’adozione di strumenti di traduzione automatica rappresenta, al contrario, un grande impulso per le aziende di servizi in molti altri paesi: la lingua è uno dei maggiori ostacoli al commercio globale, in particolare nel settore dei servizi. E la traduzione automatica può contribuire ad abbattere queste barriere, dal momento che i lavoratori del settore dei servizi in paesi come India, Vietnam o Nigeria, ad esempio, stanno diventando ancora più competenti nella lingua globale del commercio dei servizi: l’inglese. Dunque, secondo i ricercatori di Oxford, mentre il settore manifatturiero sta scomparendo come motore di crescita economica, il passaggio ai servizi potrebbe essere l’unica strada sostenibile, per alcuni paesi, in modo da recuperare terreno.

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Ho scritto “Opus Gay", un saggio inchiesta su omofobia e morale sessuale cattolica, ho fondato GnamGlam, progetto sull'agroalimentare. Sono tutrice volontaria di minori stranieri non accompagnati e mi interesso da sempre di diritti, immigrazione, ambiente e territorio. Lavoro al The Watcher Post.