Dai toni apocalittici del Pd a quelli più interlocutori di Renzi, all’abbraccio di Conte con l’amico di oltreoceano: il voto per il Presidente americano spacca il centrosinistra. Il Pd (ma anche Carlo Calenda e Riccardo Magi) vive la notizia dell’affermazione dell’ex tycoon come un dramma, temendone le conseguenze. Una vittoria che, invece, viene giudicata con toni decisamente differenti dal M5S.

Gli auguri

Giuseppe Conte è stato tra i primi a fare gli «auguri di buon lavoro a Donald Trump», parlando di «una vittoria netta, estesa anche al voto popolare». Il leader del M5s, che da premier ebbe rapporti diretti con l’allora presidente Trump, richiama la «tradizionale amicizia tra i nostri popoli e della solida alleanza tra i nostri due Paesi». Anche Matteo Renzi riconosce innanzitutto l’affermazione «in modo netto» di Trump. «Ci sono tante riflessioni che il mondo politico può fare», ammonisce l’ex premier. Il riferimento va all’Europa che deve dotarsi di strumenti di difesa autonoma, ma forse più prosaicamente alla necessità di costruire quel fronte comune delle opposizioni a cui Conte ha posto il veto. Al Nazareno bandiere a lutto: «La vittoria di Trump negli Usa è una brutta notizia per l’Europa e per l’Italia», decreta Elly Schlein. «Chi oggi lo festeggia per ragioni di bandiera – aggiunge – smetterà presto quando gli effetti di una nuova politica protezionistica colpiranno le imprese e i lavoratori in Europa e anche qui nel nostro Paese.

Lo slancio UE

Naturalmente prima che questo accada serve uno slancio forte dell’Unione europea, in modo coeso e unito». Se si considera il contesto nel quale avvengono le dichiarazioni di Schlein, che si trovava in Umbria per la campagna elettorale, le divisioni del campo largo risultano addirittura eclatanti. «Noi speravamo che andasse in un altro modo – sottolinea la leader dem – perché non ci riconosciamo né mai ci riconosceremo in un’idea di società dove i miliardari, che ieri festeggiavano chiusi in una stanza con Trump, si ergono a paladini del ceto medio che si è impoverito quando sono loro stessi che si sono arricchiti sfruttando il lavoro in un modello economico sbagliato e da cambiare».

Democratici e progressisti

E infine lo svolazzo sotto alla firma della polizza vita per il governo Meloni: «Quello che vediamo non è molto diverso da quello che già stiamo vedendo con l’estrema destra qui al governo del Paese, noi continueremo ostinatamente a costruire un’alternativa a questo modello di società». Segno che le lezioni americane non sono servite. O comunque non sono ancora state metabolizzate. Lontana dal riconoscere il terreno politicamente fertile della difesa pragmatica degli interessi della classe media, nel Pd si suona l’ormai noto spartito: «Bisogna sempre tenere l’orecchio a terra, come sta facendo la nostra segretaria Schlein, per ricostruire una nuova identità, direi contemporanea, dell’essere democratici e progressisti». Tutti intenti a recuperare l’identità della sinistra nostalgica, i dem sembrano non aver letto bene le festanti parole di quell’indefesso “campione del progressismo” che è Giuseppe Conte. «Auguri di buon lavoro a Donald Trump, 47° Presidente degli Stati Uniti, in virtù di una vittoria netta, estesa anche al voto popolare. Le sfide che attendono gli Stati Uniti sono molteplici e ci riguardano tutti: fermare le guerre in corso, contrastare con la massima fermezza le violazioni del diritto internazionale umanitario, aprirsi a una visione multipolare dei nuovi equilibri geo-politici». Il campo largo può attendere almeno altri quattro anni.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.