Donald Trump non ha mai avuto dubbi su cosa chiedere agli altri Stati membri della Nato: aumentare le spese militari. Il tycoon parla di America First, non certo di Nato First. E per il presidente degli Stati Uniti, la protezione garantita da Washington al Vecchio Continente deve andare parallela a un maggiore contributo da parte di tutti i partner atlantici. Contributo che per Trump deve arrivare addirittura al 5% del Pil.

Una richiesta che all’inizio sembra essere solo sussurrata tra i corridoi di Mar-a-Lago, quando il quartier generale del presidente eletto non era ancora alla Casa Bianca ma la residenza della Florida. E invece, come spesso accade con Trump, quelle che sembravano indiscrezioni giornalistiche o semplici “avvertimenti” mandati dallo staff del tycoon a mezzo stampa sono diventate certezze. E lo stesso Trump è convinto che gli Stati europei dovrebbero arrivare a spendere il 5 per cento per la propria difesa.

Una richiesta che per molti partner europei è quasi impossibile da sostenere. E tra questi c’è anche l’Italia, che già faticava a far quadrare i conti solo per immaginare di raggiungere l’obiettivo prefissato dalla Nato del 2% del prodotto interno lordo. Lo ha confermato anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che al suo arrivo al Consiglio Esteri ha messo in chiaro i limiti di Roma riguardo alle ultime richieste arrivate dall’altra sponda dell’Atlantico. “Noi siamo favorevoli alla quota del 2%” ha detto il vicepremier, “di più mi pare difficile poter andare”. E il capo della Farnesina ha voluto ribadire ancora un altro paletto: “Se si vuole raggiungere quell’obiettivo, e lo dico ai miei colleghi e amici europei, non si possono inserire le spese per la difesa all’interno del Patto di stabilità. Perché’ se si vuole rispettare il Patto di stabilità non si possono fare più spese per la difesa: sono due impegni che sono in contrasto uno con l’altro”.

Ma in Europa non tutti la pensano come l’Italia. E come ha rivelato il Financial Times, tra gli Stati che si sono rivelati già particolarmente attenti alle richieste di Trump sono Estonia e Lituania. Per il ministro degli Esteri lituano, Kestutis Budrys, con Trump e le sue idee riguardo l’Alleanza si sta entrando “in una nuova era”, al punto che il suo governo vuole addirittura spingersi ad aumentare il budget per la difesa fino al 6 per cento del Pil. E lo stesso concetto è stato espresso dal premier estone Kristen Michal, che ha fatto intendere che Tallinn è pronta a raggiungere il 5% dopo che ha già ampiamente superato la soglia del 2 richiesta negli anni scorsi. “Certo, c’è pressione, ma è una pressione buona e costruttiva da parte del nostro alleato strategico e più grande nella Nato”, ha affermato Budrys riguardo le richieste della Casa Bianca. “Ma non è l’unica ragione: è esistenziale per noi avere capacità reali di combattimento”, ha voluto sottolineare il ministro.

In ogni caso, non è un mistero che i Paesi baltici siano molto più attenti alle richieste della Nato e più propensi a maggiori costi per la difesa. Al confine con la Russia, la percezione del rischio cambia e si tratta di Stati che hanno anche necessità di modernizzare le proprie forze armate dovendo fare affidamento anche su numeri nettamente inferiori rispetto alle altre potenze Ue.

La Polonia, in questo senso, ha fatto da apripista negli anni diventando un caposaldo delle strategie atlantiche. E con la guerra in Ucraina, i governi baltici hanno solo rafforzato le loro certezze. Del resto, anche le richieste di Trump arrivano in un momento in cui l’attenzione di quei Paesi è tutta concentrata sulle mosse della Russia. L’ultimo danneggiamento di un cavo sottomarino tra Lettonia e Svezia (Stoccolma ha sequestrato una nave bulgara, ma si segue anche la pista dell’incidente) ha fatto accendere ancora di più i riflettori sui pericoli dei sabotaggi nelle acque del Baltico, specie per le mosse della cosiddetta “flotta ombra” di Mosca.

Mentre in queste ore, in Ucraina, si sta giocando una delle partite più importanti: quella per la conquista di Velyka Novosilka, nella regione di Donetsk. Le forze armate ucraine si sono ritirare dalla città per evitare l’accerchiamento, hanno spiegato i comandi di Kiev. E per il Cremlino, si tratta della conquista indispensabile per avanzare poi verso l’oblast di Dnipropetrovsk. Una mossa che arriva proprio mentre Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky cercano di arrivare nella migliore posizione possibile al presunto tavolo del negoziato promesso da Trump.