Il profilo e le reazioni
Tulsi Gabbard, chi è l’ex dem adorata dai russi. La “compagna” scelta da Trump a capo dei servizi segreti americani
Mentre l’ambasciata italiana a Kiev chiude, Putin rilancia con un protocollo privo di valore legale ma dal forte impatto simbolico. In attesa dell’insediamento, il prossimo Presidente, come capo dell’intelligence, punta su un nome molto amato dal Cremlino
Per prudenza anche l’ambasciata italiana a Kiev ha deciso di chiudere i battenti e invitare i residenti italiani a cercare rifugio così come aveva fatto l’ambasciata americana, il primo segnale di reazione alla cosiddetta nuova dottrina nucleare di Vladimir Putin. La guerra in Ucraina in questo momento rappresenta una doppia scena teatrale, una è quella del presidente uscente Biden il quale a meno di due mesi dal trasloco dalla Casa Bianca ha deciso di autorizzare gli ucraini a lanciare i missili ATACMS nella profonda Russia per colpire le basi da cui partono le armi russe. E ieri mattina ha anche dato il via libera alla fornitura di mine antiuomo. Su questa scena abbiamo già assistito da due giorni al lancio di un certo numero di missili, almeno 10, di cui due intercettati e abbattuti dai russi e si deve presumere che altri 8 ci sono andati a bersaglio. È improbabile che possano aver fatto gravi danni sulle basi di lancio ma invece abbiano ottenuto effetti notevoli sul fronte di Kursk.
Il futuro dopo Trump
L’altra scena di teatro è il futuro dopo l’insediamento di Donald Trump “punto due”, che non è affatto una certezza ma contiene gli elementi più importanti di cui il mondo sta tenendo conto. La mossa di Biden è stata giustificata dall’attuale presidente in scadenza come una risposta adeguata all’uso di un contingente nordcoreano mercenario a sostegno dell’inefficace armata russa che dall’inizio dell’operazione militare speciale ingaggia tagliagole a pagamento.
L’intervento di un terzo paese che non fa più parte delle compagnie private ma che usa i suoi soldati con uniformi regolari, mostrine, bandiere e armi portate attraverso l’intera Russia, è considerato un grave peggioramento della situazione in Ucraina, che non lascia prevedere alcuna vera intenzione di Putin a trattare.
Tulsi Gabbard, la decisione a sorpresa di Trump
Tuttavia, Putin afferma di voler trattare dal momento in cui Donald Trump ha affermato di voler fermare i combattimenti e ottenere una tregua riconosciuta prima ancora del suo ingresso nella Casa Bianca il prossimo 20 gennaio. All’offerta di Trump, Putin si è detto non insensibile: l’offerta è sembrata ancora più appetitosa nel momento in cui il presidente eletto americano ha fatto una scelta che nessuno avrebbe potuto immaginare e che ha un peso molto reale.
Ha messo cioè al capo di tutti i servizi segreti americani una donna che è semplicemente adorata dai russi, continuamente invitata in tutti gli spettacoli televisivi, additata come l’americana più saggia e più competente in materia di Russia e delle sulle esigenze in materia di sicurezza: Tulsi Gabbard. È stato così che di colpo si è appreso che la Russia avrà come controparte nel controspionaggio americano una ex deputata democratica che alcuni anni fa viaggio in Siria ebbe la vera folgorazione di Damasco, perché fece amicizia con Bashir al Assad, il dittatore protetto dai russi. Così la ex deputata americana entrò in contatto con il mondo militare e diplomatico russo e fu accolta a Mosca come un’amica talmente sincera da meritare sulla stampa statunitense l’appellativo di “Kamarade”, ovvero “compagna” nel senso sovietico, ma anche una talpa di Mosca.
Questa scelta di Trump ho scatenato il panico a Washington e in tutto l’ambiente dell’intelligence che del resto lo stesso Trump ha dichiarato di voler epurare radicalmente, insieme all’ambiente militare che gli è stato ferocemente ostile nei quattro anni distacco dal potere. Con l’insediamento della Gabbard, una vera stella di Mosca, il segnale che ha dato Trump è stato più potente di quanto possa esserlo stato quello di Joe Biden sull’okay ai missili.
La reazione di Putin
La reazione di Putin è stata assolutamente contenuta. Anziché rispondere con le armi ha risposto con un protocollo rendendo noto al mondo che, d’ora in poi, la Russia quando dovrà stabilire se, in che modo e in quale misura rispondere al nemico occidentale con bombe atomiche, lo farà sulla base di una nuova dottrina in cui in sostanza si dice che Mosca si riterrà autorizzata a lanciare armi nucleari se un paese non nucleare – come per esempio l’Ucraina -, ma assistito da un paese nucleare – come per esempio gli Stati Uniti – creassero situazioni tali da far temere per la sicurezza del territorio russo.
Non è una formula veramente guerrafondaia: si può dire che sia il minimo sindacale rispetto ad atti di guerra reali compiuti su suolo russo con armi e assistenza americana per proteggere in particolare il contingente ucraino nel Kursk.
L’attacco violentissimo
Non che ci troviamo certamente alla vigilia dell’alba della pace. Tutt’altro – cresce a Mosca l’influenza del partito diffidente per il quale vale l’opinione dei troiani di fronte all’improvviso gentilezza dei greci: Timeo danaos et dona ferentes, non mi fido di loro nemmeno se portano doni. La linea dei falchi di Mosca è quella di non fidarsi mai di nessuno, temere sempre il complotto dell’invasione e mantenere invita l’ipotesi almeno teorica del primo colpo: “nel caso ritenessimo per nostro sovrano giudizio che l’occidente stia per attaccarci, noi ci riserviamo il diritto di attaccare per primi e con armi nucleari”. Non si tratta per la verità di una nuova dottrina: è esattamente la stessa espressa ogni anno alla riunione dei membri del patto di Varsavia, che era l’anti Nato fino alla fine della guerra fredda. In alcuni documenti cui si diceva che di fronte a un atteggiamento aggressivo delle forze della NATO l’Unione sovietica e i suoi alleati decidevano di procedere con un attacco violentissimo che comprendeva alcune bombe atomiche anche per l’Italia fino a ricacciare oltre l’Oceano gli americani dall’Europa e per sempre.
La resa dei conti
Paradossalmente era un disegno politico affine al pensiero francese di de Gaulle secondo cui l’Europa andava unificata con la Russia bianca mettendo fuori sia gli americani che i russi asiatici. Ora Putin ha non soltanto riscritto questo cosiddetto protocollo ma lo ha reso pubblico al mondo intero, cosa che prima non accadeva, affinché il mondo intero si sentisse intimidito. In realtà la Russia ha partorito un semplice protocollo di nessun valore legale internazionale ma che costituisce un manifesto di buoni propositi e che si può riassumere così: forse riusciremo a contenere i falchi del nostro esercito ed è meglio che chiudiate le vostre ambasciate in Ucraina. Cercheremo di tenere i nervi a posto fino al 20 gennaio quando Trump si insedierà e allora faremo questa attesa resa dei conti.
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