Il caso
Turetta e la lapidazione pubblica di un genitore tormentato. Bisogna ricordare a cosa servono le intercettazioni

Dopo la recente riforma Nordio, che è intervenuta anche sulle intercettazioni, la captazione del colloquio in carcere tra Filippo Turetta e il padre, per quanto odiosa, sarà ancora possibile. La pubblicazione sulla stampa di quell’intercettazione, invece, non dovrebbe essere di massima più possibile. La prima sarà ancora possibile, perché la riforma Nordio non ha inciso sul ricorso massivo alle intercettazioni e i limiti che andrebbero introdotti. Si dimentica spesso che le intercettazioni sono un “mezzo di ricerca della prova” e non un “mezzo di prova”, come ad esempio la testimonianza che, per quanto potrebbe essere anch’essa fallace e condizionata da eventi successivi ed esterni, ha una ben diversa valenza probatoria.
Il fine delle intercettazioni
Le intercettazioni, almeno quelle telefoniche e ambientali, sono invece dirette ad acquisire dichiarazioni dotate di valore indiziario, che in quanto tali vanno attentamente verificate, comprese e contestualizzate rispetto alla situazione e al tempo in cui quelle dichiarazioni vengono captate. Dovrebbero essere un punto di partenza per le investigazioni successive e non andrebbero assunte di per sé stesse a verità, a esclusivo fondamento di qualunque impostazione accusatoria. Gli errori giudiziari sono stati e continuano ad essere troppi. Alcuni dicono che, nel caso Turetta, con quell’intercettazione del colloquio genitore e figlio ristretto in carcere, i magistrati avessero in mente di ricercare la conferma della premeditazione dell’omicidio efferato commesso dal reo-confesso Turetta. Non sappiamo se è così, ma di certo se mai fosse stato così, non sarebbe stata di per sé sufficiente un’eventuale dichiarazione in tal senso dell’indagato in quel contesto. Questo è il punto che deve essere chiaro, ma spesso non lo è: quell’intercettazione non avrebbe potuto costituire di per sé stessa prova, ove ce ne fosse stato l’esito, dell’assunto accusatorio sulla premeditazione. Quell’assunto avrebbe poi dovuto avere altri riscontri probatori.
Il divieto di pubblicazione
Su questi aspetti la riforma Nordio, allo stato, non è ancora intervenuta. Eppure, necessiterebbe un intervento normativo per ricondurre ancor più chiaramente la valenza dell’intercettazione nell’alveo suo proprio e, considerata la sua invasività, per contemperare una volta per tutte l’effettiva necessità delle captazioni investigative e la tutela del diritto inviolabile alla riservatezza delle comunicazioni private soprattutto dei terzi ed anche quello – come nello specifico – del detenuto con i suoi familiari. Già un passo avanti più deciso lo si farà con la riforma Nordio perlomeno sul divieto di pubblicazione di alcune intercettazioni. Ove già in vigore la riforma, il colloquio tra il Turetta e il padre non sarebbe stato pubblicabile, a meno che non fosse stato già riprodotto nelle motivazioni di un provvedimento dell’Autorità giudiziaria, oppure quelle dichiarazioni captate non fossero state utilizzate nel dibattimento processuale e sempre che non fossero state già prima stralciate in quanto irrilevanti e perché riferite a soggetti, il padre del Turetta appunto, che non sono parti dell’indagine o del processo penale.
Reputazione calpestata
Intanto, anche probabilmente approfittando del fatto che la riforma Nordio non è in vigore, chi ha pubblicato quelle dichiarazioni, rese in un contesto così intimo e angosciato, ha calpestato, per puro sensazionalismo, la reputazione di una persona anch’essa devastata e in quei giorni messa in allarme dalle stesse Autorità di un pericolo concreto di suicidio di colui che resta suo figlio, anche se certamente responsabile di un delitto gravissimo. Quel colloquio non era una notizia e il suo contenuto per quel che ne è stato riferito non ha apportato alcunché ai fini investigativi. Pubblicarlo è stata solo una lapidazione in pubblica piazza di un genitore tormentato e comprensibilmente ancora non in grado di affrontare una vicenda così drammatica e complessa.
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