L’approvazione alla Camera della legge sul bullismo è stata l’occasione per parlare anche di una specifica forma di bullismo, ovvero il fatshaming e il bodyshaming, la tendenza di giudicare, offendere o deridere una persona per una sua peculiarità fisica. A richiamare l’attenzione dei media è stato l’intervento del collega Filippo Sensi, che ha raccontato la sua esperienza personale, le offese subite per il suo aspetto fisico da giovane e anche successivamente. Un intervento che ha creato una grande empatia sia un Aula che sui giornali e sui social.

Mi sarebbe piaciuto, però, che la stessa attenzione a questo caso fosse stata riservata alcuni anni fa, nel 2015, quando a offendere Filippo fu il commentatore televisivo Andrea Scanzi.

In un articolo sul Fatto Quotidiano, Scanzi definiva Sensi, che allora ricopriva l’incarico di portavoce del presidente del Consiglio Matteo Renzi, con queste parole vergognose: “Bizzarro omino sferico”. Un’indecenza per chiunque, ma in particolare per chi è giornalista e viene puntualmente invitato come commentatore nelle principali trasmissioni televisive di informazione, a partire da quelle del servizio pubblico. Dopo quell’episodio, la Rai ingaggiò Scanzi addirittura come ospite fisso del “Processo del Lunedì” su Rai3 e giurato di Sanremo.

Nel 2015 nessuno protestò, ad eccezione del sottoscritto con un articolo sull’Huffington Post. Non ricordo servizi sui telegiornali, né dichiarazioni e tweet di solidarietà come oggi sui social. Oggi che il discorso di Filippo è generale, non si rivolge a qualcuno in particolare, oggi che il bullo è un bambino anonimo dei tempi della scuola e non un giornalista con nome e cognome, evidentemente è più facile solidarizzare.

Nel 2015, invece, insultare il portavoce del presidente del Consiglio Renzi era considerato accettabile, o almeno così deve essere stato. Non ci furono interventi dell’Ordine dei Giornalisti, né della Commissione stabile per il codice etico della Rai, né del direttore del Fatto Quotidiano.

Il diritto di critica non è diritto di insultare e bullizzare. Quanti colleghi parlamentari e non solo sono stati vittime di insulti personali sui giornali per il loro aspetto fisico? Insulti che non hanno nulla a che vedere con una presunta satira, e nemmeno con l’ironia, neanche quella più triviale. Perché troppo spesso vengono lasciati passare senza dire nulla?

Fino a quando le proteste non interverranno al momento opportuno, finché la difesa di categoria e di corporazione prevarrà sulla necessità di stigmatizzare certi comportamenti e certe espressioni, è difficile che i problemi si possano risolvere.

Solidarizzare quando non costa nulla è facile, quello che serve però è sanzionare quando chi offende ha un nome e cognome, magari è anche famoso e ha migliaia di follower.