Tutti i leader del mondo sono a Roma. O quasi: Cina, Russia, Iran ne sono fuori. O ai margini. Ma l’evento entra di diritto nei libri di storia. E anche in qualche libro di spy-stories. Roma è diventata lo spettacolare set di un incontro senza precedenti. Quello di 182 delegazioni internazionali (l’Onu ne rappresenta 193, incluse le isolette dell’Oceania).
Gli arrivi
Ma all’ombra di San Pietro è la grande diplomazia a muoversi. Rimanendo, appunto, nell’ombra. Come nella trama di Angeli e Demoni di Dan Brown, accordi e disaccordi, intese e rotture, promesse e dissapori hanno preso a rincorrersi man mano che i protagonisti di questa giornata più che particolare, unica, hanno toccato il suolo della Capitale. Coperti dalla massima segretezza e dall’attività febbrile dei servizi segreti di sedici nazioni, i leader hanno provato a ritessere la trama di un dialogo multilaterale globale. Trump. Meloni. Von der Leyen. Macron. Starmer. La presidente della Commissione Europea è stata la prima ad arrivare nella capitale italiana, seguita a breve distanza dal presidente francese Macron, che si è recato subito in raccoglimento davanti alla salma del Papa. Poi è atterrato da Budapest l’aereo di Orbán, ricevuto a Palazzo Chigi dalla premier. Esce Orbàn, entra Starmer: colloquio informale di mezz’ora. Ma non sarà il protocollo a dirci quel che di maggior peso è successo stanotte. A Roma c’è stato un intreccio indescrivibile di contatti, relazioni, rapporti: quelli che il gergo della Farnesina definisce pourparler e che costituiscono l’ossatura informale e la necessaria premessa per le intese protocollari che ne deriveranno. Eccoli arrivare – chi allo scalo Vip di Ciampino, chi all’aeroporto internazionale di Fiumicino, chi sulle piste militari di Pratica di Mare – i leader del mondo si sono dati appuntamenti furtivi, clandestini. Che sono andati avanti in qualche caso anche la notte. Se le celebrazioni hanno uno svolgimento formale e una prassi rigida, quel che è accaduto ai margini del funerale di Papa Francesco non è forse riassumibile neanche con due stagioni di una serie Netflix.
La cerimonia
La cerimonia, intanto, che prende il via questa mattina alle 10 per concludersi due ore dopo, vedrà 182 delegazioni, compresa quella dell’Italia e quella dell’Argentina, paese d’origine di Papa Francesco. A guidarle, 12 sovrani regnanti, 52 capi di Stato, 14 capi di governo. Inoltre, due principi ereditari – tra i quali il principe William – consorti di capi di Stato, ministri, presidenti dei parlamenti e capi delle principali istituzioni internazionali e multilaterali. La delegazione italiana è guidata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con la presenza di tutte le massime cariche dello Stato, tra le quali la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Gli occhi sono puntati, in particolare, sul presidente USA Donald Trump, arrivato ieri alle 23 da Washington con la First lady Melania e preceduto dal giallo della sua telefonata («telefonata fantasma», si è detto) con il presidente cinese Xi Jinping.
Trump e la notte a Villa Taverna
La Casa Bianca conferma l’esito positivo di un lungo colloquio, Pechino smentisce che i due si siano mai telefonati. Il giallo è diventato il primo di una serie di gialli. Di incontri anticipati e poi smentiti. Una scia che porta a Villa Taverna, la residenza privata dell’Ambasciatore americano, situata a due passi da Villa Borghese. Villa Taverna è stata adibita a quartier generale per Trump e la folta delegazione americana, della quale fa parte anche l’ex presidente Joe Biden, per le 15 ore in cui il presidente Usa sarà a Roma. I cecchini sono stati appostati sui tetti tutto intorno sin dalla mattinata di ieri, mentre una presenza Cia più numerosa che mai ha protetto la riservatezza degli ospiti che sono entrati e usciti dalla sede diplomatica fin quasi all’alba.
Gli incontri riservatissimi
Ma è stato adibito a incontri informali anche l’Hotel Columbus, nel bellissimo Palazzo della Rovere, una proprietà ricca di uffici interni che il Vaticano ha spesso utilizzato come sottovia inosservato per collegare Piazza San Pietro con le retrovie. Ci viene detto che il cortile interno è stato oggetto di una doppia bonifica da parte della Gendarmeria vaticana prima e dell’Aise poi. Il perché non può esserci confermato ma è lapalissiano. Doveva ospitare incontri riservatissimi, prima dell’inizio delle esequie solenni. Come quelli richiesti da Ursula von der Leyen a Donald Trump, per i quali il presidente americano ha richiesto la presenza di una intermediaria di fiducia, Giorgia Meloni. Che pure ha messo a disposizione Palazzo Chigi. Troppo distante – per il dipanarsi di strade e stradine del centro storico di Roma – e troppo di parte.
Massima segretezza
La segretezza dei bilaterali intorno a Piazza San Pietro può godere di spazi adeguati. A trenta metri dall’Hotel Columbus hanno sede, in un altro edificio storico del 1600, i servizi segreti del Vaticano. In fibrillazione per tutta la notte: gli uomini del SIV, che qui tutti chiamano «l’Entità», da sempre abituati a muoversi a piedi e a raccogliere informazioni con tempi lunghi, in queste ultime 48 ore si sono trovati a far fronte a mille esigenze, in un vortice estenuante. Sarebbero stati incaricati di prevedere, previa bonifica, nuove strutture per le delegazioni: si è pensato addirittura al piano terra di Palazzo Santa Marta, ma la contestuale convocazione della Congregazione – il preambolo del Conclave – lo ha escluso. E dunque gli occhi si sono rivolti alla maestosa navata del complesso monumentale di Santo Spirito in Sassia, l’ala sconsacrata della basilica contigua dotata di oltre seicento posti a sedere, connessione wifi, dodici bagni. Situata a soli 120 metri dal colonnato di piazza San Pietro, è risultata una delle sedi ideali per gli incontri ai margini. Se le statue, i campanili, i chiostri potessero parlare, racconterebbero le inaudite cose che questa notte si sono dette a Roma.