Nel 2006, quando stavo al Consiglio Superiore della Magistratura, si tenevano le elezioni dei nuovi componenti togati per il periodo 2006-2010. Le previsioni erano orientate ad una certa stabilità della rappresentanza delle varie correnti: tuttavia, in qualche modo “ballava”, un seggio, il che non è poco in una rappresentanza di 16 membri.
I risultati dello spoglio serale non potevano essere ritenuti attendibili perché condizionati dalle urne provenienti dai diversi distretti di Corte d’appello.A metà mattina, tuttavia, uno dei candidati accreditati per la nomina era in grave ritardo nelle preferenze. Incrociai quello che era il suo “sponsor”, cioè, il magistrato che era “designato” a succedergli, e mi disse che non c’erano problemi, che mancava lo spoglio del distretto di …, e che quel candidato a scrutinio ultimato avrebbe avuto i 450 voti che erano sicuramente nell’urna. E così fu: il candidato ebbe dal suo distretto i 450 voti previsti e fu eletto.

Voglio dire con questo ricordo che le sorti del nuovo sistema elettorale della rappresentanza del C.S.M. dipenderà da come si destruttureranno e si ristruttureranno i gruppi e le correnti, in relazione a quali potranno essere, dopo lo tsunami Palamara, la loro forza e consistenza. Lo sapremo a breve, con l’elezione della nuova giunta dell’A.N.M.

Va comunque detto che “controllare” una platea di 8000 magistrati non è difficile, in un mondo in cui tutti si conoscono e sanno tutto di tutti. Questo elemento, se non consente di dare una risposta sicura sul nuovo metodo elettorale, non esclude tuttavia il “voto di scambio” nel secondo turno. A prescindere da questo fatto, la riforma evidenzia alcune ulteriori prime criticità.

In primo luogo, manca una rappresentanza proporzionata alla loro consistenza tra giudici e pubblici ministeri. L’introduzione di questo dato porterebbe un ulteriore elemento di frantumazione del “correntismo”.

In secondo luogo, andrebbero rafforzate le situazioni di congelamento dello scorrimento di alcuni ruoli. In particolare, si dovrebbe escludere che i componenti segretari possano candidarsi a consiglieri, per la consiliatura successiva a quella nella quale hanno svolto le funzioni di segretario.
Parimenti, per chi ha fatto parte del direttivo della Scuola superiore della Magistratura e per i consiglieri del C.S.M. che potranno essere designati al direttivo della Scuola solo dopo la scadenza di un quadriennio.

In terzo luogo, suscita perplessità l’attribuzione alla Scuola della Magistratura della possibilità di istituire corsi di preparazione all’esame di magistrato. Del resto, dovrebbero essere riconsiderate le regole della composizione della commissione del concorso.
Se è indubbiamente da valutare positivamente la previsione che esclude la creazione di gruppi dentro il Consiglio Superiore, anche per evitare che i magistrati segretari – come invece succede oggi – partecipino alle riunioni di corrente, non può negarsi che il criterio del sorteggio delle commissioni e il complesso meccanismo decisionale – legato alle audizioni di tutti i concorrenti – potrebbe creare problemi alla formazione di proposte maggioritarie, nonché contrapposizioni e differenti valutazioni tra le commissioni e il plenum, significativamente allargato nella sua composizione.
Quanto alla designazione dei laici da parte del Parlamento, considerato che la nomina avviene in seduta comune, forse, bisognerebbe che l’audizione dei candidati, probabilmente numerosi, si svolga davanti ad una commissione bicamerale.

E’ troppo timida la disciplina dei soggetti (di estrazione politica) che possono essere eletti come laici al C.S.M., in considerazione del fatto che altre posizioni potrebbero, a ragione, essere prese in considerazione, anche in relazione al tempo dello svolgimento delle funzioni (ad es.: presidenti e vicepresidenti di Camera e Senato).

Sembra, invece, da condividere l’attuale formulazione della disciplina della sezione disciplinare sia per il sorteggio, sia per la composizione delle sezioni, sia per la rotazione tra membri effettivi e membri supplenti.

In ogni caso, le riforme, al di là delle (buone) intenzioni, sono gestite dagli uomini: sotto questo aspetto il giudizio, come detto in esordio, resta sospeso.