Fra i temi prioritari affrontati dai membri del G7 svoltosi a Borgo Egnazia in Puglia figurava il rafforzamento dei rapporti con l’Africa, insieme a una serie di tematiche collegate con il Continente africano: lo sviluppo sostenibile, la sicurezza alimentare, il cambiamento climatico, la sfida energetica, le migrazioni, l’architettura finanziaria internazionale e, immancabilmente, l’Intelligenza Artificiale. È noto che il nostro governo pone l’Africa fra le questioni prioritarie dell’agenda internazionale, con un particolare accento sui “mantra” del Piano Mattei, e del “nuovo metodo italiano” nelle relazioni coi paesi africani. Metodo che si basa, come ormai ripetuto in ogni occasione dedicata al Continente, su una “partnership paritaria, fondata su basi di eguaglianza” e su un atteggiamento “non predatorio”, volto a conseguire “risultati mutualmente vantaggiosi”, grazie soprattutto alle virtù del Piano Mattei.

Il Piano Mattei nelle conclusioni del G7

La presidente del Consiglio è riuscita addirittura a far includere nel testo della Dichiarazione conclusiva del G7 pugliese una specifica menzione circa l’importanza del Piano Mattei, nonostante la sua natura solo nazionale, non esattamente comparabile agli altri programmi multilaterali citati nelle conclusioni, come il Global Gateway europeo, la Partnership G7 for Global Infrastructure and Investment, la Global Alliance for Food Security, dotati di ben altre risorse. D’altronde essere padroni di casa comporta sempre qualche vantaggio nella stesura dei documenti finali delle grandi conferenze. C’è da chiedersi se gli altri membri del G7 siano davvero convinti delle doti miracolose del Piano Mattei, e della originalità del “nuovo metodo italiano” nelle relazioni con l’Africa. Perché se non hanno la memoria davvero corta, dovrebbero ricordare che le cose non stanno esattamente così, e che esiste qualche forzatura nella narrativa italiana del momento.

G7 in Italia, l’assenza dei grandi interlocutori africani

Innanzitutto forse avranno notato che gli ospiti africani presenti a Borgo Egnazia nella fase del cosiddetto “outreach”, cioè quella allargata ai paesi non membri del G7, erano pochi rispetto alla conclamata “priorità africana”: solo Tunisia, Algeria, Mauritania (quale presidente in esercizio dell’African Union), e Kenya, con l’aggiunta dell’African Development Bank, che però è una istituzione finanziaria e non uno Stato africano. Egitto e Sud Africa erano stati invitati ma, per motivi forse ricollegabili alla loro equidistanza dalla Russia e dal blocco BRICS, hanno ritenuto di non partecipare. Chi invece, con una strana “gaffe” diplomatica, non è stato neanche destinatario dell’invito è il presidente della Commissione dell’African Union, il ciadiano Moussa Faki, il quale sta all’istituzione Panafricana come Ursula von der Leyen sta all’Unione Europea, e andava quindi senz’altro incluso fra gli ospiti. Forse avrà pagato in questo modo la sua critica al Piano Mattei durante il Summit Italia-Africa del gennaio scorso a Roma, quando lamentò di non essere stato neppure consultato nella stesura del Piano stesso. Poiché presenti anche al Vertice G7 di Taormina del 2017 a guida italiana (quando presidente del Consiglio era Gentiloni), almeno Macron e Trudeau si saranno forse ricordati che in quella circostanza gli ospiti africani erano molto più numerosi, e per la precisione: Etiopia, Kenya, Niger, Nigeria, Tunisia, Guinea, nonché l’African Development Bank, e il già citato presidente della Commissione Ua, Moussa Faki.

Quanto all’innovativo metodo italiano con i paesi dell’Africa, basato sulla partnership paritaria, non predatoria, forse i presidenti del G7 per gentilezza nei confronti della padrona di casa hanno evitato di richiamare alla mente tutte le varie Dichiarazioni conclusive dei Vertici Ue-Africa, o Ue-African Union, cioè di Lisbona del 2007, di Bruxelles del 2014, di Abidjan nel 2017, fino a quello di Bruxelles del 2022, che richiamano ripetutamente l’esigenza per i due Continenti di una partnership articolata fra eguali. Anzi, il documento conclusivo del Vertice di Abidjan parlava anche di “fiducia reciproca, eguaglianza sovrana, integrità e interdipendenza”, di “responsabilità condivisa, reciprocità, rispetto, e trasparenza”, e della volontà di superare il tradizionale rapporto donatore-beneficiario fra Europa e Africa. Addirittura, nelle fasi preliminari del Vertice Ue-Ua di Bruxelles del 2022, si cercò di far approvare alle delegazioni il concetto – particolarmente ambizioso – di “Alleanza”  fra Europa e Africa (può essere a ogni modo un suggerimento per la prossima narrativa del nostro governo…), che poi decadde poiché da parte africana non si volevano pregiudicare a causa di una parola così impegnativa i floridi rapporti con Cina, Russia, Paesi del Golfo, Turchia & Co. Il Vertice Ue-Ua di Bruxelles lanciò anche l’innovativo (lui sì!) programma denominato Global Gateway, che destina all’Africa 150 miliardi di euro in progetti infrastrutturali fino al 2027.

Piano Mattei e Africa, cosa dice la sinistra

Ciò che altresì sorprende è che la narrazione attuale dell’esecutivo sull’Africa non provochi una reazione di orgoglio da parte della sinistra. In fondo lo spirito africanista è sempre stato nelle nostre corde, con brevi e poco significative interruzioni da parte dei governi più tecnici, che avevano problemi nazionali gravissimi a cui far fronte. Solo per limitarsi ai tempi più recenti, primi ministri appassionati di Africa, recatisi in missione a più riprese nel Continente, sono stati Prodi, D’Alema, Renzi, Gentiloni, Conte, insieme a un plotone di ex ministri degli Esteri e di Ministri e sottosegretari tecnici; rilevanti per l’Italia e per l’Africa sono state molte delle loro iniziative nel Continente. Forse anche a causa delle memorie corte, nazionali e internazionali, va comunque riconosciuto che apparentemente le parole d’ordine africane del governo attuale funzionano, e fanno proseliti. È onesto però riconoscere che, con o senza Piano Mattei, il nostro paese è stato e resta per tanti motivi un player importante nel Continente africano. E questo è ciò che conta veramente per i nostri dirimpettai, al di là del Mediterraneo.

Alessio Paz

Autore