Dal 7 ottobre 2023, al di là della sua prima dichiarazione particolarmente chiara in cui ha subito condannato gli orrori dei massacri, Macron ha ricordato il diritto di Israele a difendersi e invocato la concordia in Francia consapevole del rischio permanente di far arrivare il conflitto sul nostro suolo. Il presidente della Repubblica non ha mai smesso di stupirmi e a volte di scandalizzarmi. Non metto in dubbio il suo sostegno a Israele, il suo impegno personale per la liberazione degli ostaggi o il suo desiderio di pace, ma le sue numerose dichiarazioni contraddittorie hanno seminato dubbi e indebolito la posizione della Francia, come la mancata partecipazione del Paese alla manifestazione contro l’antisemitismo del 12 novembre “per non dividere il Paese” – quando l’antisemitismo non è mai una questione divisiva – i ripetuti appelli al cessate il fuoco, le assurde minacce di boicottaggio, divieti senza precedenti alla partecipazione di Israele alle fiere della difesa EuroSatory ed EuroNaval, gli inviti a interrompere le consegne di armi utilizzate a Gaza, condivisione del dolore del popolo libanese dopo che i cercapersone hanno colpito Hezbollah che tiene in ostaggio il Libano e, infine, una dichiarazione in Consiglio dei ministri, riportata da Le Parisien secondo cui “Netanyahu non deve dimenticare che il suo Paese è stato creato da una decisione dell’ONU e quindi non deve ignorare le decisioni dell’ONU”.

Tre giorni dopo, Emmanuel Macron se l’è presa con ministri e giornalisti, senza una vera e propria smentita nel merito. Tutto ciò è molto pericoloso e marca una linea pericolosa quanto incoerente. Tentennamenti di tal fatta si ripercuoteranno su tutto il nostro Paese (la Francia ndr.) per molti anni a venire. Non dimentichiamo che ci troviamo in uno di quei momenti in cui tutto può cambiare. E allora cerchiamo di essere chiari.

Quello che Macron non capisce

Quello che il presidente della Repubblica non capisce è che suggerire in qualche modo che la creazione dello Stato di Israele sia stata il risultato della sola decisione politica delle Nazioni Unite significa ignorare la storia millenaria del popolo ebraico, la storia ultracentenaria del sionismo e il sacrificio di migliaia di ebrei per fondare lo Stato di Israele. È come se avesse concesso a Israele una licenza temporanea per buona condotta. In un momento in cui l’antisemitismo si nutre di antisionismo, queste osservazioni rischiano di rafforzare pericolosamente il campo di coloro che contestano la legittimità del diritto all’esistenza di Israele.

Non esiste “risposta proporzionata”

Quello che da mesi il presidente della Repubblica non capisce è che, dopo il pogrom genocida del 7 ottobre 2023, non esiste una “risposta proporzionata” quando il conflitto è di natura esistenziale. Si è mai parlato di “proporzionalità” quando l’Occidente, tra cui la Francia, ha annientato lo Stato Islamico a Mosul e Raqqa nel 2016, quando proprio questa sproporzione ha permesso il nostro successo? Reagire è quanto dovevamo fare dopo gli attacchi del 13 novembre 2015 a Parigi.
Quello che il presidente della Repubblica non capisce è che per Hamas Israele non è un avversario, ma un’“entità sionista” da sradicare, come ripete dalla sua fondazione nel 1987. “Hamas rifiuta qualsiasi alternativa alla piena e completa liberazione della Palestina, dal fiume al mare”, recita l’articolo 20 della sua Carta (1988, rivista nel 2017). Come si fa a trattare con un nemico che vuole sterminarci e annientarci? Porremmo questa domanda a un’altra nazione la cui sopravvivenza è minacciata? Può lo Stato di Israele lasciare i suoi cittadini alla mercé di un’organizzazione terroristica che il 7 ottobre ha dimostrato di cosa è capace? Israele ha il diritto e il dovere di difendersi.

La minaccia di una nuova Shoah

Quello che il presidente della Repubblica non capisce è che da più di un anno il nord di Israele è sottoposto a bombardamenti quotidiani da parte di Hezbollah, che dal 2006 si rifiuta di applicare la risoluzione 1701 delle Nazioni Unite e di ritirarsi oltre il fiume Litani. Per diciotto anni, sotto gli occhi totalmente impotenti dei soldati delle Nazioni Unite (UNIFIL), l’organizzazione sciita non solo non ha mai accettato di deporre le armi e ritirarsi, ma ha anche costruito fortezze e tunnel pieni di missili in mezzo alla popolazione civile libanese.
Quello che il presidente della Repubblica non capisce è che gli attacchi israeliani sono arrivati dopo oltre trecento giorni di vessazioni da parte di Hezbollah, che hanno costretto 60mila israeliani a fuggire dalle loro case. In Francia, corrisponderebbe a mezzo milione di persone.
Quello che il presidente della Repubblica non capisce è che gli israeliani, e più in generale il mondo ebraico, hanno vissuto il 7 ottobre come la premonizione del crollo finale dello Stato di Israele. La minaccia di una nuova Shoah.

Se Israele cade, cadiamo anche noi

Quello che il presidente della Repubblica non capisce è che questa è una guerra di sopravvivenza per Israele, che si trova ad affrontare, da solo, le minacce e gli attacchi dell’Iran – che sta cercando di dotarsi di armi nucleari – e dei suoi alleati terroristi. In prima linea contro l’islamismo, che ci fa la guerra anche in Europa e in Francia, Israele combatte anche per noi, in difesa dei nostri valori comuni e universali. Dobbiamo allora offrire un sostegno ineccepibile a un Paese democratico, amico e alleato.
Quello che il presidente della Repubblica non capisce è che se Israele cade, cadiamo anche noi.
Quello che il presidente della Repubblica non capisce è che la pace e una vera soluzione politica per i palestinesi saranno possibili solo se Hamas e il suo apparato militare e terroristico saranno spazzati via. Questa è la condizione essenziale. L’eliminazione di Yahya Sinwar, il maggior responsabile dei massacri del 7 ottobre, della morte di 48 nostri connazionali e della disgrazia che ha colpito la popolazione di Gaza, apre prospettive di cui ci possiamo rallegrare: la liberazione di tutti gli ostaggi, la fine della guerra e la ricostruzione di Gaza. Ma dobbiamo essere chiari: la strada da percorrere è ancora lunga.

In questo contesto, sono convinto che la Francia abbia ancora un ruolo da svolgere. Ecco perché il presidente della Repubblica deve darsi da fare, e in fretta. Non per il suo bene, ma per il nostro.

Manuel Valls – Primo ministro della Francia 2014-2016

Manuel Valls

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