Grillo contro Conte. E grillini contro contiani, coltello tra i denti. Il vaffa del Fondatore all’indirizzo del leader è pieno, frontale, assoluto: “Sta distruggendo il Movimento”, grida. L’incontro a Roma con Elio Lannutti (avendo evitato di incontrare Conte) ha una valenza precisa: il comico si sta preparando per armare una guerra senza quartiere nei riguardi di Giuseppe Conte e della sua gestione. Tuoni e fulmini si sentivano forti, ieri, in centro a Roma. E non era il maltempo. Grillo sui social tuona contro chi vuole ‘sovvertire’ alcuni principi che con Gianroberto Casaleggio aveva messo alla base del suo ‘non partito’. Il co-fondatore è arrabbiatissimo per la piega che stanno prendendo le cose con la guida del Movimento nelle mani di Giuseppe Conte, con il quale – rilevano fonti qualificate – oramai è alla resa dei conti e senza possibilità alcuna di conciliazione.

La battaglia legale sul simbolo del Movimento 5 Stelle

Il simbolo e il nome del Movimento sono di Grillo e lui comunque se li terrà. A sentire lui. Invece no: il garante vi avrebbe rinunciato, ricorda il coordinatore dell’area legale del M5s, Alfonso Colucci. Per capire chi ha ragione in questa controversia, prima che finisca nelle pastoie dei tribunali ai quali l’intera questione sembra avviarsi, proviamo a riassumere un passaggio rimasto in ombra. Lo scorso 26 agosto l’ex leader del M5S, Luigi Di Maio, ha fatto avere un messaggio assai criptico a una agenzia di stampa, che l’aveva pubblicato senza dargli forse il giusto peso. “Trecentomila buone ragioni per Grillo”, ironizzava Di Maio. Con più d’una chiave che, a una seconda lettura, si rivela utile a capire cosa sta accadendo dietro le quinte dei Cinque Stelle. “Sembra che Grillo abbia smarrito il suo coraggio”, lo provocava Di Maio. L’ex ministro degli Esteri faceva riferimento a una clausola riservata che obbligherebbe Grillo a non obiettare sull’uso del simbolo. Un accordo segretato, depositato presso un notaio a Roma, che da un lato manleva Grillo dalle responsabilità legali e dall’altro garantisce Conte sul libero utilizzo di nome e simbolo.

Ma nessun accordo tra le parti può tradire lo statuto del Movimento, fonte primaria del diritto interno. “Un Movimento che fa della trasparenza il suo motto numero uno, dovrebbe pubblicare tutti gli atti. O ce n’è uno che è valido finché è riservato?”, chiedeva Luigi Di Maio. Un riferimento implicito e decisamente iniziatico che pochi hanno colto, stante a indicare come, al di sopra degli atti tra le parti, si può e si deve far valere lo statuto. “Conte deve solo assicurarsi che nessuno usi il simbolo contro di lui nelle future campagne elettorali”, prosegue Di Maio. E forse andrebbe sottolineato quell’”assicurarsi”. Parla di quell’accordo sotterraneo – ma cementato dai legali – sull’uso del simbolo.

La rottura totale tra Conte e Grillo

Ieri Grillo ha dissotterrato l’ascia di guerra, si è appellato all’articolo 12 comma 2 e ha richiamato nelle sue mani l’uso del simbolo alle elezioni, l’inderogabilità del limite dei due mandati e l’impossibilità di cambiare il nome del Movimento. Una rottura completa dei patti parasociali con Conte. Non a caso l’ex premier, fiutata l’aria, prova a fare spallucce: “Mi interessa il giusto la parte fondativa”. Danilo Toninelli, fedele a Grillo e dunque oggi avversario del M5S di Conte, dà la sua spiegazione: “E’ la dimostrazione che o c’è una separazione consensuale, come fanno madre e padre e i figli vengono lasciati liberi di scegliere, oppure mi pare scontato che la rottura ci sia già oggi. E’ già in corso una rottura. Il Movimento, oggi, è fatto da due partiti e Grillo oggi l’ha palesato: un partito della democrazia diretta e un partito del posizionamento, quello che entra in Liguria ad appoggiare Orlando e poi si accorge, senza fare un contratto di governo, che Calenda vuole la gronda”. La rottura non è “formale come piace tanto a Giuseppe, un grande uomo di diritto, che guarda ai cavilli, perché c’è un concetto politico, culturale, di amore, di storia. Ripeto, così non si può andare avanti. Io non so come si possa pensare anche lontanamente come questa fase costituente possa arrivare a ottobre”.

Il timore dei due leader del Movimento

Conte non replica direttamente al Vaffa di Grillo. Chiede ai suoi di farlo. Ed ecco Riccardo Ricciardi, Vicepresidente M5S: ‘’Grillo sbaglia. Da una persona che, con le sue idee mirabolanti, ha fatto nascere il Movimento ci si aspetterebbe un contributo diverso”. L’idea di Conte, che sostanzialmente avrebbe deciso di collocare il Movimento alla sinistra del Pd per mettersene sulla scia a partire dalle prossime regionali – tre in quest’autunno, cinque nella primavera ’25 – è osteggiata da Grillo che vuole mantenere il Movimento autonomo e alternativo ai due poli. Ma c’è anche altro: due classi dirigenti – quelli della prima ondata contro quelli dell’ultim’ora – che si contendono l’osso, o quel che rimane dell’osso. Gli appetiti degli uni, le brame degli altri. Con due leader contrapposti e un grande timore in comune: che il populismo di dieci anni fa stia ormai esaurendo le sue cartucce.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.