Il Procuratore Generale aveva invece chiesto la condanna a 21 anni di carcere
Uccise la moglie con martello e coltello, nonnino assolto anche in Appello: “Affetto da delirio di gelosia”
Incapace di intendere e di volere perché affetto da ‘delirio di gelosia’. Con questa motivazione Antonio Gozzini, 81 anni, era stato assolto in primo grado: una sentenza oggi confermata anche in appello. Professore in pensione, l’uomo nel 2019 uccise la moglie Cristina Maioli, 62 anni, nella loro casa di Brescia.
Il procuratore generale Guido Rispoli aveva invece chiesto la condanna a 21 anni di carcere. “Leggeremo le motivazioni” ha detto lasciando l’aula della corte d’Assise d’appello di Brescia.
L’omicidio e l’assoluzione
Nella notte tra il 3 e il 4 ottobre 2019 Antonio Gozzini uccise l’insegnante di lettere Cristina Maioli nel sonno, prima colpendola con un martello e poi accoltellandola sia alla gola che alle gambe. L’uomo rimase a vegliare il corpo per diverse ore, dopo avvisò la domestica: “Cristina è morta. E presto morirò anch’io”. Dopo l’omicidio, provò a suicidarsi.
La sentenza di primo grado, arrivata dopo poco più di un anno dal delitto nel dicembre 2020, fece molto discutere. Infatti l’uomo venne assolto in Corte d’Assise dall’accusa di omicidio volontario dopo che il consulente della difesa e quello dell’accusa sostennero che era affetto da un ‘delirio di gelosia’. Il tribunale, in una nota, aveva poi specificato che il ‘delirio di gelosia’ andava distinto dal ‘movente di gelosia’ in quanto “situazione patologica da cui consegue una radicale disconnessione dalla realtà, tale da comportare uno stato di infermità che esclude, in ragione elementare principio di civiltà giuridica, l’imputabilità”.
Per il procuratore Rispoli invece Gozzini era perfettamente capace di intendere e volere: per questo ne aveva chiesto la condanna a 21 anni di carcere nel processo di secondo grado. “La sua gelosia patologica – ha riferito il procuratore generale di Brescia in aula, come riportato dall’Ansa – non era mai emersa prima dell’omicidio. Se n’è parlato solo a posteriori solo nel tentativo di trovare una causa di non punibilità”.
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