Ucraina, tutto ruota intorno al sostegno dell’Occidente. Gli alleati avvertono Kiev: le armi stanno per finire

A Ukrainian serviceman of 28th brigade shoots a Maxim gun towards Russian positions at the frontline in Donetsk region, Ukraine, Wednesday, June 21, 2023. (AP Photo/Evgeniy Maloletka)

Le armi all’Ucraina si confermano il grande tema che identifica il sostegno dell’Occidente alla causa di Kiev. Un elemento che accompagna da sempre il conflitto e che è di fatto il termometro con cui misurare non solo l’impegno dei singoli Paesi nel supporto alle forze ucraine, ma anche del dibattito interno al sistema occidentale.

Tutto ruota intorno alle armi? Non completamente, ma di certo rappresentano un elemento centrale per comprendere le dinamiche del conflitto e quelle intorno a esso. Il primo a esserne consapevole è il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che si è recato all’incontro della Comunità politica europea a Granada per ribadire quanto ha sempre detto sin dall’inizio del conflitto: Kiev non può farcela senza un impegno costante dell’industria bellica occidentale. E questo coinvolgimento non deve soltanto essere continuo nel tempo, ma anche in grado di adattarsi ai cambiamenti strategici in corso o capace esso stesso di modificarli. Un primo esempio è rappresentato dai sistemi di difesa aerea richiesti dall’Ucraina.

Per Zelensky e per i suoi comandanti è sempre stato essenziale ottenere un ombrello che difendesse le infrastrutture e le città sottoposte ai bombardamenti russi. Allo stesso tempo, però, la copertura aerea è fondamentale alle truppe ucraine anche per riuscire a proseguire nella controffensiva contro la prima linea russa, che non solo si è fortificata nel corso di questi mesi, ma sottopone anche le forze del Paese invaso a bombardamenti che rallentano o addirittura impediscono la loro avanzata. Lo ha certificato anche il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba, che in base a quanto riportato da Rbc-Ucraina, ha detto che Zelensky ha discusso con i vari leader europei a Granada proprio per la difesa aerea, sia antimissile che antidrone.

Un altro esempio sono gli aerei da guerra da fornire ai piloti ucraini. Per molti mesi, il dibattito interno all’Alleanza atlantica è stato quello di comprendere sia se fosse sicuro inviare i propri mezzi aerei a Kiev per non superare le “linee rosse” di Putin sia sul modello da mandare. Dopo mesi, con il placet degli Stati Uniti, sono arrivate le prime promesse, in particolare per gli F-16 da parte di Danimarca e Paesi Bassi. Ma anche qui i caveat non sono stati pochi. E tra tempi tecnici di un addestramento complesso fornito a militari abituati ai mezzi sovietici, necessità di una logistica efficiente e avvertimenti delle singole difese sul dover colmare il vuoto lasciato nei propri arsenali, l’impressione è che i jet destinati a Kiev siano al momento non solo pochi ma anche fin troppo diluiti nel tempo. Il governo ucraino, in definitiva, da tempo chiede uno sforzo maggiore agli alleati occidentali.

Tuttavia, dopo più di un anno e mezzo di guerra, l’impegno nelle forniture belliche dei Paesi europei e degli Usa sembra entrato in una fase di stagnazione dovuta al combinato disposto di difficoltà nel garantire un flusso continuo di armi e mezzi da produrre e da sostituire e, allo stesso tempo, di dibattiti politici interni uniti alle diverse campagne elettorali. Lo ha confermato la Polonia, che ha già avvertito l’Ucraina sul mancato invio di nuove armi collegandolo all’embargo sul grano. Lo ha mostrato la Slovacchia, che ha incoronato Robert Fico come leader più votato alle ultime elezioni e che si è sempre mostrato molto critico sul sostegno alle forze ucraine. E lo hanno testimoniato soprattutto le vicissitudini politiche a Washington con l’accordo per evitare lo shutdown che ha cancellato proprio i miliardi per sostenere Kiev.

Nel frattempo, sono inoltre arrivate informazioni inquietanti anche dalla Difesa. Nei giorni scorsi, il Wall Street Journal ha fatto sapere che, dopo l’accordo raggiunto in extremis al Congresso tra democratici e repubblicani, nelle casse del Pentagono sono rimasti solo cinque miliardi di dollari per l’Ucraina. Una cifra che potrebbe coprire, a detta del quotidiano, sei mesi di impegno militare. L’ultimo viaggio a Washington ha portato in dote a Zelensky munizioni per artiglieria, veicoli tattici e missili antiaerei, oltre che l’impegno Usa a produrre insieme all’Ucraina le armi e i sistemi necessari al suo esercito. Ma è chiaro che questo passa da un impegno politico che appare fin troppo incerto e legato a doppio filo alle prossime presidenziali.

Da Oltreoceano i segnali sono contrastanti anche in via ufficiale. L’ultimo è quello del Comando centrale (Centcom), che si occupa dell’area mediorientale, e che ha annunciato l’invio a Kiev delle munizioni sequestrate agli iraniani. “Il governo ha ottenuto il possesso di queste munizioni il 20 luglio 2023, dopo le richieste di confisca del Dipartimento di Giustizia nei confronti dei Guardiani della Rivoluzione Islamica iraniana” scrive Centcom in un comunicato. Si tratta, prosegue la nota, di oltre un milione di proiettili da 7,62 mm che stavano per essere trasferite agli Houthi in Yemen violando la risoluzione 2216 delle Nazioni Unite. Secondo il procuratore generale degli Stati Uniti, Merrick Garland, “le azioni di confisca del Dipartimento di giustizia contro un regime autoritario stanno ora sostenendo direttamente la lotta del popolo ucraino contro un altro regime autoritario”.

Per Teheran e Mosca, legate da una partnership militare che si è concretizzata proprio nelle forniture belliche iraniane ai russi impegnati in Ucraina (in particolare con i droni Shahed), la scelta Usa può apparire la più suprema delle beffe. Tuttavia, alcuni critici guardano con preoccupazione al fatto che Washington invii armi confiscate a Stati rivali e certamente non in quantità e qualità sufficienti a sostenere la controffensiva. In questo momento tutto può essere utile, sia alle truppe ucraine sia a far comprendere il problema su più livelli. Ma certo non basta. Anche il migliore alleato Usa, il Regno Unito, ha lanciato l’allarme. “Le armi da destinare a Kiev sono finite” ha riportato il Telegraph. Ed è la spia che conferma come sia questo il tema che decide il destino ucraino.