Da qui ad allora ci sono però almeno tre questioni da sciogliere. Vediamole insieme. 1) Perché sia un piano vero e non uno slogan, c'è bisogno di un budget finanziario imponente. Non si fanno le nozze con i fichi secchi. Gli investimenti devono farli gli Stati membri con la regia dell'Unione europea? In questo caso bisogna scorporarli, come giustamente dice il nostro Gentiloni dal Patto di stabilità. Vanno fatti invece su una scala europea e con un impegno finanziario europeo e/o misto? E allora il bilancio europeo deve essere copiosamente arricchito con proventi derivanti dalla tassa sulle transazioni finanziarie, web tax, carbon tax ed eurobonds. 2) Non si tocchi la spesa agricola e quella dei fondi strutturali: servono risorse nuove e aggiuntive 3) Se il freno del blocco dell'Est alle decisioni più innovative come quella relativa al Green New Deal dovesse permanere, andrebbe aperta una riflessione sulle modalità previste dai Trattati per procedere con un nucleo ristretto, come quello della zona euro o dei Paesi che ci stanno. Proprio l'insonorizzazione delle sale del Lipsius ha impedito nel passato di capire che il non decidere per l'Europa è stato un veleno, mentre per le forze antisistema, antieuropeiste e sovraniste, un balsamo decisivo e gratuito. I governi pro Europa non traccheggino, non si guardino con gelosia, e in alleanza con Parlamento e Commissione europea, procedano.